Ambrosini: non accogliere i migranti significa scivolare nel terzo mondo
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Ambrosini: non accogliere i migranti significa scivolare nel terzo mondo

Il sociologo dell’università di Milano commenta il modo in cui l'Italia sta affrontando gli sbarchi.

Ambrosini: non accogliere i migranti significa scivolare nel terzo mondo
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23 Aprile 2014 - 19.26


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L’accoglienza dei profughi sbarcati sulle nostre coste pone l’Italia di fronte ad un bivio: garantirla significa “stare nel primo” mondo, disinteressarsene significa “scivolare verso il terzo”. È l’opinione di Maurizio Ambrosini, sociologo delle migrazioni dell’Università Statale di Milano. “Dobbiamo uscire – dice – dall’idea provinciale di essere sottoposti ad un flusso migratorio insostenibile. O ci sediamo ai tavoli internazionali del G7 e del G8, prendendoci tutti gli oneri di essere primo mondo, oppure scivoliamo verso il terzo mondo”.

Sta tutta qui la distinzione tra un Paese capace ad accogliere i profughi e uno che invece li ignora. E l’Italia pare più appartenere a questa seconda categoria. “Per prima cosa serve una legge organica sull’asilo – sottolinea Ambrosini -, a cui devono seguire decreti attuativi e un finanziamento adeguato”. Una legge è un passaggio obbligato per trasformare in sistema delle pratiche finora molto diverse. “Non dobbiamo inventare niente, dobbiamo solo valorizzare quello che di buono è stato fatto nel passato”, commenta il professore. Il Sistema di protezione richiedenti asilo e rifugiati (Sprar) è una di queste buone pratiche.

“In generale, l’Italia non ha una grande reputazione come Paese d’accoglienza”, aggiunge Ambrosini. Così si spiega la fuga verso il Nord Europa dei richiedenti asilo che passano dall’Italia. Ignorati per altro dalle nostre polizie, che violano degli accordi europei che obbligano il riconoscimento di chi transita lungo le frontiere. Risultato di questa scelta politica: la Germania nel 2013 ha accolto 110 mila richiedenti asilo, l’Italia 28 mila. E nel nostro Paese s’è diffusa sempre di più la pratica di non identificare chi sbarca, nella speranza che possa lasciare da invisibile l’Italia. “Non vorrei che fosse un tentativo per obbligare gli altri a pensare alla loro accoglienza al posto nostro”, ragione Ambrosini. “Non so – continua – se è auspicabile un atteggiamento del genere”: a rimetterci è l’immagine internazionale dell’Italia e la sua reputazione.

Inutile prendersela con la Convenzione di Dublino, il documento che obbliga il primo Paese di transito in Europa ad accogliere i profughi. “È stata voluta dal Nord Europa perché il Sud facesse la sua parte”, argomenta Ambrosini, secondo il quale “se facciamo bene i conti, ci troveremo sempre debitori nei confronti del Nord Europa” per quanto riguarda il dossier accoglienza. Anche se in questi Paesi non si spendono 9 milioni al mese per il pattugliamento delle coste, come invece accade in Italia da quando esiste la missione Mare nostrum.

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