L’impiego di farmaci a base di cannabinoidi per il trattamento del dolore, laddove la normale terapia analgesica fallisce per resistenza dell’organismo o per semplice inefficacia, è tra gli argomenti di dibattito più accesi per quanto riguarda il Sistema Sanitario, non solo italiano. Si è portati a credere che la cura del male legato ad una malattia sia diritto esclusivo di persone con tumore in stadio terminale: una sorta di atto di misericordia verso persone su cui la sfortuna si è accanita, e che si dirigono verso la fine della loro esistenza. In realtà, sono molte le patologie che implicano dolore cronico, spesso anche banali come mal di schiena e cefalea: la presenza di malessere permanente impedisce a chi ne soffre una qualità della vita sopportabile, oltre a renderlo spesso inabile sia dal punto di vista fisico, che emotivo.
Per questo chi supporta la terapia del dolore con farmaci a base di cannabis, medicinali che si sono rivelati efficaci proprio contro questo tipo di condizione, vorrebbe vedere l’accesso a questo tipo di cure più semplice, e le informazioni a riguardo più reperibili. Si è tenuto proprio recentemente un congresso intitolato «La cannabis fa bene, la cannabis fa male. Una proposta di legge per l’accesso ai medicinali cannabinoidi», dove si discuteva appunto della situazione della normativa italiana a riguardo. Sebbene il ricordo terapeutico a questo tipo di medicinali sia approvato nel nostro paese dal 2007, e nonostante la sentenza della Corte di Cassazione di infliggere pene meno severe verso gli spacciatori delle cosiddette droghe leggere sia quasi da interpretare come una maggiore apertura, si calcola che meno di 60 persone sono riuscite, attraverso canali legali, ad avere accesso a questi particolari analgesici. La maggior parte di esse sono riuscite ad importare farmaci cannabinoidi dall’Olanda: ma siccome non è considerato legale l’importazione di una quantità di medicinali per una terapia superiore ai tre mesi, nel 2013 hanno dovuto ripetere l’operazione per quattro volte. Per tutti gli altri esistono barriere burocratiche che spesso rende la reperibilità di questa cura tardiva e, sfortunatamente, inutile. Per questo motivo molte persone si rivolgono al mercato nero, o addirittura cercano di coltivare il casa la cannabis, cosa che porta all’arresto immediato.
A questo dato allarmante s’aggiunge anche una generale ignoranza e mancanza di comunicazione e informazione, da parte di medici, farmacisti e pazienti, riguardo questo particolare tipo di terapia analgesica: se poi aggiungiamo che in Italia l’erogazione di farmaci è affidata al Sistema Sanitario Regionale, con tutte le differenze del caso tra le varie entità dello Stivale, si comprende perfettamente la confusione che esiste a riguardo. Per questo, durante il convegno, il senatore Luigi Manconi, appoggiato da vari assessori alla Salute e da rappresentanti delle associazioni «Luca Coscioni» e «A buon diritto», hanno auspicato un nuovo disegno di legge che non solo semplifichi e agevoli l’iter di accesso a questo tipo di farmaci, ma che regoli e renda possibile anche la coltivazione di cannabis per uso personale in presenza di dimostrate esigenze terapeutiche proprie o dei propri parenti o congiunti. In questo modo, la gestione del dolore non sarebbe prerogativa di pochi, ma sarebbe disponibile anche in presenza di svariate patologie che prevedono un dolore cronico e spesso lancinante per il paziente, come quelle neurologiche.