“Le scuse di Diego Marmo non mi convincono, perché sono tardive e strumentali. Siamo di fronte ad un ex magistrato che dice di aver sbagliato, solo per una questione di opportunità perché mira a diventare assessore al comune di Pompei.” Così si esprime in maniera netta Paolo Gambescia, a suo tempo cronista giudiziario che seguì il caso Tortora e successivamente diventato direttore del Mattino di Napoli e del Messaggero di Roma. Il direttore ha idee molto chiare sul dibattito che si è aperto, dopo le scuse di Diego Marmo, fatte attraverso un’intervista a Il Garantista.
Trent’anni fa lei ha seguito il caso Tortora, come giudica le scuse dell’ex pm Diego Marmo?
Quando ci si accorge di aver sbagliato, è giusto chiedere scusa. Non mi piace però quello che è accaduto, perché le scuse del dottor Marmo sono arrivate solo dopo le polemiche sorte in seguito alla sua nomina ad assessore. Questo non va bene. Se fossero arrivate venti anni fa, sarebbero state assolutamente condivisibili, ma non credo a queste scuse giunte con così tanto ritardo.
È vero che lei anni fa ha rivisto autocriticamente la campagna colpevolista nei confronti di Tortora?
Certo, io ho fatto subito un’autocritica dicendo di non aver svolto al meglio il mio mestiere. Ma l’ho sempre detto e ripetuto. Mi sono scusato con la famiglia, con cui adesso ho ottimi rapporti. Sono stato tra i pochissimi ad aver ammesso l’errore, che avevo commesso in assoluta buona fede.
Che cosa si diceva nell’ambiente giornalistico?
I pochissimi innocentisti, o quelli che avevano perplessità, erano in minoranza. La maggioranza esaminava superficialmente gli atti che trapelavano dalla magistratura ed erano dei colpevolisti. Nel momento in cui io ho letto con maggior meticolosità quelli atti ho capito di avere sbagliato.
Che cosa ha insegnato e che cosa può insegnare ancora oggi il caso Tortora?
Il problema non è che cosa ha insegnato. Del caso Tortora se ne è parlato già tantissimo: ci dovrebbe aver insegnato ad essere meticolosi nel valutare. Ma oggi qui siamo di fronte ad un fatto nuovo. La situazione è grave. Infatti il magistrato che ha sostenuto l’accusa ha chiamato in causa i magistrati che hanno lavorato all’istruttoria. Siamo di fronte ad un magistrato che dice di aver sbagliato, perché ha ottenuto una carica pubblica, che però chiama in causa i magistrati che hanno istruito il processo, dicendo di aver agito in base a quelle carte.
Di fronte a questo che appare come uno scaribarile tra magistrati, che cosa dovrebbe fare il Csm?
Io dico che intanto il Csm si deve prendere in carico questo problema e deve aprire immediatamente un fascicolo sulle dichiarazione del dottor Marmo. Più in generale la riforma della giustizia è essenziale in questo paese. Io l’ho sempre detto da cronista giudiziario, da direttore di giornale e da parlamentare e lo ripeto. Ci sono migliaia di magistrati bravissimi, che fanno il loro mestiere in modo perfetto, equanime, con equilibrio. Poi ci sono decine di magistrati che invece si comportano diversamente. Il problema della responsabilità dei magistrati va affrontato in modo serio, perché non si può pensare che ci siano dei cittadini italiani che sono sottratti alla legge. Il Csm deve essere riformato perché, così come è oggi, non funziona. È corporativo, copre i comportamenti anomali di pochi magistrati e non tutela l’onorabilità e il prestigio della magistratura. Lo dico da venticinque anni e finora Berlusconi è sempre stato un alibi per non riformare la giustizia. Questa è l’occasione per il premier Matteo Renzi e per il ministro della giustizia di proporre una riforma della giustizia.