Ilaria Cucchi, all’indomani della sentenza della Corte d’Assise che ha [url”assolto tutti gli imputati”]http://www.globalist.it/Detail_News_Display?ID=64609&typeb=0&Caso-Cucchi-agenti-e-medici-tutti-assolti[/url] nel processo per la morte di suo fratello Stefano, ha sfogato la sua rabbia e la sua delusione: “Mi devono uccidere per fermarmi”, ha dichiarato, facendo capire che continuerà a lottare per ottenere giustizia.
“Non ce l’ho con i giudici di appello – ha sottolineato Ilaria – ma adesso da cittadina comune mi aspetto il passo successivo e cioè ulteriori indagini, cosa che chiederò al procuratore capo Pignatone”. Ilaria Cucchi ha sottolineato che “il prossimo passo è la Cassazione e la Corte europea. Non è finita qui. Se lo Stato non sarà in gradi di giudicare se stesso, faremo l’ennesima figuraccia davanti alla Corte europea. Sono molto motivata”.
“Mi sono svegliata con l’idea che in realtà abbiamo vinto. L’assoluzione per insufficienza di prove non è il fallimento mio o del mio avvocato, ma il fallimento della Procura di Roma” ha aggiunto Ilaria Cucchi, sottolineando: “Chiederò al procuratore capo di Roma Giuseppe Pignatone che assicuri alla giustizia i colpevoli della morte di mio fratello, perchè due sentenze hanno riconosciuto il pestaggio e lo Stato italiano non può permettersi di giocare allo schiaffo del soldato, come ha detto in aula ieri il mio avvocato. Mio fratello è morto e non si può girare e indovinare chi è stato, devono dircelo loro”.
La famiglia intraprende un’azione legale contro il ministero della Giustizia. Intanto, l’avvocato Fabio Ansemlo, ha annunciato le prossime mosse della famiglia Cucchi: “Aspetteremo le motivazioni della sentenza per preparare il nostro ricorso per Cassazione ma intraprenderemo anche un’azione legale nei confronti del ministero della Giustizia affinchè si possa riconoscerne la responsabilità rispetto alla morte di Stefano”. La difesa infatti non ha dubbi: da emtrambi i processi è emersa la verità, ovvero che Stefano sia morto per un pestaggio avvenuto nelle celle del Tribunale. Per questo motivo il legale della famiglia chiamerà in causa il ministero di Grazia e giustizia.