Porte aperte nel volontariato per chi è in cassa integrazione o comunque usufruisce di una qualsiasi misura di sostegno al reddito: da febbraio chi vorrà potrà infatti svolgere un’attività volontaria in uno dei progetti realizzati dalle organizzazioni del terzo settore in collaborazione con comuni e enti locali.
L’assicurazione la paga lo Stato, mentre chi darà così il proprio contributo alla collettività potrà contare su una certificazione delle competenze acquisite da sfruttare anche per la ricerca di una nuova opportunità lavorativa. L’iniziativa, che promette cinque milioni di giornate di volontariato l’anno per i prossimi due anni e che verosimilmente riguarderà soprattutto i settori della tutela dei beni culturali e paesaggistici, quello educativo e quello dell’assistenza socio-assistenziale, si chiama #diamociunamano e chiama in causa il Ministero del Lavoro e Politiche sociali, l’Anci, il Forum del terzo settore e, per la parte assicurativa, l’Inail: il protocollo d’intesa fra le prime tre realtà è stato firmato oggi nella sede del dicastero di via Veneto dal ministro Giuliano Poletti, dal presidente Anci Piero Fassino e dal portavoce del Forum nazionale del terzo settore Pietro Barbieri.
“Diamoci una mano” dà attuazione ad una misura sperimentale introdotta nel decreto legge 90/2014, che con la registrazione del relativo decreto ministeriale da parte della Corte dei Conti diventa ora operativa: nella pratica, coloro che ricevono una misura di sostegno al reddito saranno invitati a svolgere un’attività volontaria di utilità sociale in favore della propria comunità di appartenenza.
I progetti, che possono essere già in corso di realizzazione o del tutto nuovi, sono proposti e promossi da enti del terzo settore (o anche dai comuni stessi), mentre l’ente locale ha il compito di “convalidarne” l’utilità sociale, dunque di attestare che un determinato progetto porta un beneficio per quella determinata comunità. Le organizzazioni di volontariato e di terzo settore prendono in carico i cittadini, inviano la richiesta di attivazione dell’assicurazione per via telematica all’Inail che risponde attivando la copertura assicurativa in favore del soggetto per il periodo dichiarato.
Il costo dell’assicurazione è a carico di un apposito Fondo istituito al ministero del Lavoro e che può contare su 4 milioni 900 mila euro per ciascuno dei due anni della sperimentazione. Si stima che ad essere coinvolti potranno essere circa 19 mila soggetti all’anno. Trattandosi appunto di una misura sperimentale, il Ministero gestisce l’attuazione della misura e ne cura il monitoraggio. Dal 1° febbraio sul sito web del dicastero sarà attiva una specifica sezione per la registrazione degli enti partecipanti.
“La convinzione del governo – dice il ministro Poletti – è che è un bene che nessuno resti a casa ad aspettare ma che tutti devono avere una buona ragione tutte le mattine per mettere i piedi giù dal letto: questo progetto si muove in una logica generale di attivazione, di partecipazione responsabile e di miglioramento delle opportunità, perché pensiamo che ogni volta che un cittadino è presente, attiva relazioni, si mette in gioco, dimostra di partecipare alla vita della propria comunità, questo sia positivo ed aumenti anche la possibilità che gli si possano presentare nuove opportunità di lavoro”. Poletti sottolinea l’importanza del monitoraggio anche per scongiurare il fatto che con questa nuova tipologia vengano sostituite attività di lavoro ordinariamente svolte dai comuni: “La preoccupazione è legittima ma considerando che le aree di intervento sono vastissime e i bisogni sono ingenti, siamo convinti che con un buon monitoraggio questa evenienza non si presenterà”.
Poletti sottolinea anche la differenza rispetto ad altre tipologie di intervento, come quelle dei lavori socialmente utili, “che partiti con uno spirito positivo si sono nel tempo sclerotizzati e sono diventati un elemento di non semplice gestione perché sono maturate delle aspettative da parte delle persone coinvolte”. “I lavoratori socialmente utili – spiega Fassino – vengono assunti, seppur temporaneamente, dai comuni: questo che presentiamo è tutto un altro format”. Secondo il presidente Anci l’iniziativa ha un “valore morale perché permette a chi fruisce di un sostegno pubblico di restituire qualcosa alla comunità in termini di tempo e professionalità”, ma anche un “valore concreto”, sia per lo stesso soggetto che si apre a nuove opportunità sia per gli enti locali che hanno “la possibilità di usare più persone per erogare i servizi”.
Questa sorta di “servizio civile per persone che hanno perso il lavoro o vivono una condizione di povertà” secondo il portavoce del Forum del terzo settore Pietro Barbieri permette di “evitare il rischio di non essere più una risorsa per sé, per la propria famiglia e per la propria comunità”, educando alla cittadinanza attiva e rafforzando le relazioni sociali: in quest’ottica, sottolinea, è fondamentale il rapporto con i comuni, ispirato al principio di sussidiarietà.