I migranti presenti in largo Guido Mazzoni, nei pressi della stazione Tiburtina, hanno lasciato i marciapiedi e le panchine dove sono rimasti per circa quattro giorni. Ad allontanarli è stato l’arrivo delle forze dell’ordine, oggi pomeriggio. In molti sono scappati per non lasciarsi identificare. Diciotto eritrei sono stati portati all’ufficio immigrazione, gli altri sono fuggiti.
Effetto Schengen, ma non solo. Pochi, tra le centinaia di migranti che erano accampati tra Via Teodorico e Largo Guido Mazzoni, di fronte alla stazione Tiburtina di Roma, sapevano che fino al 15 giugno non riusciranno a varcare la frontiera italiana verso il Nord Europa, causa la sospensione degli accordi di libera circolazione per il G7. C’erano bambini, donne incinte, molti ragazzi giovani, anche minorenni. La notte hanno dormito sui cartoni, per terra. E attendevano sul piazzale di avere i soldi per rimettersi in viaggio. Ma non solo: già da quando era stato sgomberato l’insediamento abusivo in via delle Messi d’Oro, a Ponte Mammolo, molti eritrei, etiopi e somali in transito si sono ritrovati senza un luogo dove andare. E così, tra quelli che hanno rifiutato di essere trasferiti al centro Baobab di via Cupa, alcuni si sono stabiliti nel piazzale della stazione.
“Accogliere tutti è fisicamente impossibile. Quello che si cerca di fare è inserire, intanto, i minori e le donne incinte nei posti che offre il Comune”, avevano spiegato alcuni operatori sociali, che da giorni monitoravano la situazione. I ragazzi accampati parlavano della Francia e della Germania, ma guardavano anche più a Nord, alla Norvegia e alla Svezia: nessuno vuole rimanere in Italia. “Qualcuno e’ riuscito a partire, ma qui siamo sempre di piu'”, raccontava un giovane eritreo, passato per il Sudan, la Libia e la Sicilia, prima di approdare a Roma. In tanti raccontano di aver pagato, diverse migliaia di dollari, per raggiungere l’Italia con la speranza di andare in Europa del Nord.
“Siamo qui perche’ non abbiamo i soldi per il biglietto, 120 euro per la Germania”, ha detto uno di loro. Altri, che forse hanno già ricevuto il denaro, pensano “di partire domani: prendiamo il treno e arriviamo in Germania. Non ci fanno entrare? Va bene, allora andremo in Olanda”.
“La Libia è un posto orribile, è pericoloso. Siamo felici di essere riusciti ad arrivare in Italia. Adesso aspettiamo i soldi per andare avanti”, sono state le parole di molti dei ragazzi. Al collo la maggior parte portava un rosario, altri avevano croci tatuate sulle braccia. “Siamo cristiani- hanno detto – in Libia avevamo paura ci tagliassero la testa”. Nel parcheggio dei bus o sotto il cavalcavia di Via Tiburtina, “da una parte ci sono gli eritrei e dall’altra gli etiopi, ci siamo organizzati cosi'”, racconta un ventenne. “In Italia si sta bene, ma io punto ad andare in Germania. Ho lasciato mia moglie in Etiopia, spero mi possa raggiungere tra un paio d’anni”, dice. Per mangiare, “chi ha i soldi se lo compra da solo, ma la sera passano volontari di associazioni cattoliche a distribuire del cibo”, racconta una ragazza, che spiega: “Alla fine riusciamo a mangiare tutti i giorni, in Libia ho mangiato una sola volta in una settimana”. (DIRE)