L’anno scolastico è iniziato male e proseguito peggio: e la sua fine non promette nulla di buono. Resta infatti, d’estate come d’inverno, lo stesso, grande problema: l’assenza di servizi per i bambini con autismo, in tutto il territorio di Bergamo. Così M. che durante l’anno scolastico ha dovuto interrompere la frequenza, perché non c’era un insegnante capace di stargli accanto in modo adeguato, ora trascorrerà i prossimi tre mesi chiuso in casa, per lo più solo con la mamma, perché di centri diurni estivi adatti a lui non ce ne sono. Né ce ne saranno, a quanto pare, nei prossimi tempi. A lanciare l’allarme è la mamma, Patrizia, che a settembre aveva raccontato a Redattore sociale i primi giorni di scuola, seduta al banco insieme a suo figlio. E oggi ci racconta questi primi giorni di vacanza. Se vacanza si può chiamare.
“Su tutto il territorio manca un centro diurno specializzato per l’autismo: questo d’inverno e tanto più in estate. Ci sono sì ‘parcheggi’ con varie realtà diverse, che la neuropsichiatra giudica inadeguati per M. Ci sarebbe lo Spazio autismo, ma per problemi di fondi non riescono a differenziare gli interventi: così M., che non sopporta i rumori, passerebbe le sue giornate accanto a due ragazze che urlano tutto il tempo. Mandarlo in un centro privato avrebbe un costo insostenibile per noi: 650 euro per tre settimane: perché l’assistenza sarebbe a carico nostro”. E anche per il prossimo anno, quando l’estate sarà finita, le prospettive sono tutt’altro che rosee: “Una consigliera regionale si era interessata al nostro caso e si è impegnata a far aprire un centro specializzato, almeno da settembre: ma proprio alcuni giorni fa mi ha chiamata per dirmi che, al momento, non ci sono speranze”. Per quanto riguarda la scuola, “il preside ci ha parlato, per ora di una frequenza di 3 ore a giorni alternati. Il resto del tempo, a casa, perché per M. non c’è nulla”. Tre mesi estivi, intanto, sono lunghi.
“Trascorro le giornate chiusa in casa con M., sola con lui dalle 11 alle 20, quando mio marito è al lavoro. M. non ha un’attività, ciondola in casa, si annoia, guarda la tv, amplifica manie e ossessioni, mi sta addosso. Non possiamo uscire, troppo complicato: e le giornate passano tutte uguali, pesanti per me ma pesantissime per lui. Solo l’oratorio si è offerto di darci una mano, accogliendo M: ma non hanno personale specializzato e i volontari, seppure pieni di buona volontà, non sarebbero in grado di stare con M.” In programma, per la famiglia di M, non ci sono vacanze: “Non possiamo permettercele: l’assenza di servizi mi impedisce di trovarmi un’occupazione, quindi dobbiamo limitare al massimo le spese: è una catena diabolica quella che si innesta, con la mancanza di possibilità sul territorio”. E quello di Patrizia non è un caso isolato, ma “la realtà quotidiana di tutti i bambini con autismo di Bergamo: in questo momento, vivono tutti in queste condizioni. Tanto che ho proposto alle mamme di andare tutte insieme dal sindaco, per chiedere conto di questa situazione”. Nel frattempo, però, l’idea di un trasferimento appare a volte come l’unica soluzione: “Stiamo pensando seriamente di andare a Trento, dove i servizi ci sono e funzionano. Ma dobbiamo fare i conti con il lavoro di mio marito: per il momento, restiamo qui, nella speranza, sempre più debole, che qualcosa cambi”.
E. doveva andare al centro estivo. “Ma la convenzione non parte”.
Anche E, 10 anni e una grave disabilità intellettiva e relazionale, sta trascorrendo queste prime, lunghe giornate estive in casa, senza amici né attività, sopraffatta dalla noia: doveva andare al centro estivo, nel quartiere in cui vive, alla periferia di Roma, ma qualcosa non ha funzionato, “qualcuno non ha fatto il proprio dovere – spiega la mamma – per cui manca una determina dirigenziale e la convenzione con il centro estivo non è partita. L’ho saputo dopo la fine della scuola, quando ormai tutto era organizzato sulla base di quelle due settimane che il centro convenzionato mi aveva assicurato”: settimane che sarebbero state a carico del comune, ma che ora, senza convenzione, costerebbero 70 euro a settimana, più il costo dell’assistenza, a carico della famiglia: per un rapporto di uno a due, come servirebbe a E., ben 15 euro l’ora. “in pratica, ci dobbiamo pagare l’operatore!”, commenta la mamma, sdegnata, che solo tre settimane fa aveva telefonato all’operatore del centro, per avere la certezza che tutto stesse andando nel verso giusto. “E mi aveva assicurato che il centro sarebbe partito, la convenzione anche”. Venerdì scorso, invece, la brutta notizia: manca un foglio, manca una firma, manca la convenzione. Il municipio, il X, non si è neanche degnato di chiamarmi. Intanto, E. sta a casa. Ed è venuta meno la possibilità “non di un parcheggio, come alcuni intendono il centro estivo. Per mia figlia, è molto di più: una possibilità di confronto, di gioco e di socialità. Negata questa opportunità, a E. non resta che passare le sue giornate un po’ facendo terapia, un po’ giocando con la sorella più piccola, un po’ andando al mare e un po’ standosene da sola a giocare. Noi genitori facciamo i salti mortali perché non le manchi un tempo sociale, ma a fronte di grandissimi sacrifici. Sentiamo l’amara assenza di uno stato sociale, solidale”. Un’assenza che tocca sempre alle famiglie colmare: “E non è affatto facile – spiega Giulia – Mio marito ha perso il lavoro il lavoro 8 anni fa, coinvolto nel più grande licenziamento di massa silente del nostro paese: da ottobre non avrà più un reddito. Io sono in solidarietà e non so cosa accadrà nel prossimo futuro. In questa situazione, trovarsi senza aiuto è davvero difficile, economicamente e socialmente.
Cerchiamo di ritagliarci qualche giorno di vacanza, ma è sempre un salto nel vuoto: non tutti, singoli e strutture, sono tolleranti verso i bambini e men che mai con bimbi curiosi, sempre in movimento, che magari dispensano baci e abbracci a tutti. Allora organizzare una vacanza per non avere brutte sorprese è una vera impresa. Insomma, il centro estivo che non parte e solo un esempio delle tante piccole ingiustizie che inavvertitamente ricascano su famiglie già sufficientemente vessate dal destino!”. (cl)