La Chiesa e la banalità del Bene nel paese xenofobo
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La Chiesa e la banalità del Bene nel paese xenofobo

Mentre continua la strage di migranti e i razzisti nostrani cavalcano l'onda xenofoba, l'unica voce che si ode è quella della Chiesa per la consueta demagogia a costo zero.

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12 Agosto 2015 - 18.53


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Paolo Izzo

Anche se un’afosa presenza nei media sembra avvicinarli alla gente e finirà, batti e ribatti, persino per sdoganarli, i nostrani razzisti dalle magliette cangianti o dalle voci querule non offrono proposte realistiche per contrastare a modo loro il fenomeno dell’immigrazione.
Al di qua del guado e del guano, tuttavia, anche i più progressisti sembrano aver abbandonato l’idea, per esempio, dei “corridoi umanitari” e sono ridotti a infilare palline in carne e ossa nel pallottoliere con cui si spartiscono gli immigrati, quelli che arrivano vivi, con gli altri Paesi d’Europa.

A un certo punto, immancabile quando si tratta di dire tutto e niente, si leva tonante la voce della Chiesa, che da noi fa demagogia accusando gli altri di farla: altrimenti potrebbe davvero intestarsi un evangelico cammino sulle acque, che conduca i migranti sani e salvi dentro uno dei complessi immobiliari di sua proprietà (pare ne abbia un milione, nel mondo, per un valore di duemila miliardi di euro).

Non posso credere che, mentre migliaia di persone continuano a morire nel Mediterraneo, l’unica risposta alla “banalità del male” dei neonazisti di Palazzo arrivi – per di più a costo zero – dalla “banalità del bene” di chi fa politica da noi pur abitando un’enclave che ha quasi lo stesso potere degli Stati Uniti.
Infatti, non “credo”.

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