La parrocchia scende in strada per aiutare le prostitute di via Salaria
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La parrocchia scende in strada per aiutare le prostitute di via Salaria

L’Unità di strada della chiesa di San Frumenzio, a Serpentara (Roma), dal 1996 aiuta donne slave e africane costrette a ripagare così il loro 'debito'.

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3 Gennaio 2016 - 10.37


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Le dieci telecamere, istallate su via Salaria dal Comune, non riescono a scoraggiare i clienti, in cerca di sesso a pagamento, dal fermarsi per contrattare il prezzo di una prestazione con le giovani prostitute. Fortunatamente, oltre ai clienti, a scambiare quattro chiacchiere con le ragazze c’è anche l’Unità di strada della chiesa San Frumenzio. Fondata nel 1996 da Don Giovanni Carpentieri, ad oggi l’Unità di strada conta 15 volontari dai 30 ai 45 anni e prevalentemente donne che tutti i mercoledì, dalle 21.30 fino alle 00.30, portano un po’ di tè e dei cioccolatini alle circa 50 lucciole che si trovano ai margini della strada. Via Salaria è considerata una via d’elite per la prostituzione romana; molti i clienti che percorrono di continuo i 5 km che vanno da Prati Fiscali a Settebagni. Qui il 70% delle prostitute è di origina slava, principalmente romena, e le loro storie si assomigliano tutte. Cresciute nella povertà e nell’ignoranza, entrano in contatto con connazionali che vivono in Italia e che le illudono di un guadagno facile. Lasciano i loro figli in Romania e vengono iniziate alle prostituzione.

Come spiega Giorgio Carosi, responsabile dell’Unità di strada della chiesa San Frumenzio, le ragazze romene subiscono un doppio sfruttamento. Oltre a pagare i protettori e l’affitto del lembo di strada dove si prostituiscono, subiscono pressioni psicologiche e fisiche anche dai loro mariti e fidanzati che le istigano a vendere il loro corpo per ottenere rapidi guadagni. Il restante 30% delle ragazze che battono via Salaria sono nigeriane. Spesso vendute a trafficanti, partono dalla Nigeria e passando per la Libia raggiungono l’Italia dopo un viaggio fatto di soprusi e violenza. I trafficanti sequestrano il passaporto delle donne, che divengono così clandestine, obbligandole a ripagare il loro “debito” se lo vogliono riavere indietro. Sono circa 45 mila gli euro necessari per riuscire ad estinguere il “debito” verso i trafficanti e riottenere così i documenti.

Mentre le ragazza romene godono di una maggiore libertà, le nigeriane sono controllate a vista e costrette a vivere tutte insieme sotto il controllo della maman, un ex-prostituta che gestisce le ragazze. Totalmente dipendenti per qualsiasi necessità dalla maman, le giovani nigeriane si controllano a vicenda dato che se una di loro dovesse fuggire saranno le altre a dover ripagare il suo “debito”.

Le 50 prostitute di via Salaria hanno dai 18 ai 30 anni, anche se c’è il forte sospetto che alcune di loro siano minorenni. L’Unità di strada di San Frumenzio, coordinata da Don Giampiero, si pone come obbiettivo quello di mandare alle ragazze un messaggio di speranza cercando di istaurare un rapporto umano. “Vogliamo esprimere- spiegano i volontari- una solidarietà non pietistica o consolatoria. Al primo posto mettiamo l’incontro con ciascuna di loro e la possibilità di stabilire una relazione sempre più profonda nel tempo. Questo significa anche credere alla possibilità di risvegliare in loro il senso della dignità, il rifiuto della violenza e del guadagno facile, il coraggio della denuncia”.

“Cerchiamo di comunicargli- spiega Carosi, responsabile dell’Unità di strada- che sono importanti nonostante quello che stanno facendo”. I volontari, offrendo una bevanda calda, si sincerano delle condizioni delle ragazze e istaurano una relazione tra pari. “Quando le incontriamo si rivestono -continua- le ragazze si vergognano del loro stato”. Con alcune di loro si sono istaurati rapporti profondi e la speranza più intima dei volontari è che queste giovanissime ragazza lascino la strada. L’unico modo per farlo è tramite la denuncia dei loro sfruttatori che permetterebbe alle donne di entrare nel circuito di protezione e di riabilitazione sociale. Nel frattempo l’Unità mobile di San Frumenzio, che ha già aiutato una ragazza ad abbandonare la strada, le indirizza verso un adeguata assistenza medica collaborando con molti volontari che mettono a disposizione la loro professionalità. “E’ bello quando-spiega Carosi- le ragazze decidono di pregare insieme a noi casomai rifiutando un cliente che si avvicina proprio in quel momento”.

L’unità mobile, una delle poche a Roma, ha anche svolto diversi incontri nelle scuole per spiegare ai più piccoli l’importanza dei sentimenti e il rifiuto della mercificazione del corpo. L’obbiettivo dei volontari è quello di continuare l’attività che stanno svolgendo cercando, se possibile e con l’aiuto di alcuni seminaristi, di coprire anche via Tiburtina, altra arteria importante del sesso a pagamento.

Luca Basiliotti

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