Guidonia, o del consiglio comunale indissolubile
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Guidonia, o del consiglio comunale indissolubile

Non si è sciolto il Consiglio comunale. Per i protagonisti (e i "consigliori") è tempo di brindisi. Reggeranno per un altro anno o arriveranno prima i magistrati? [Tommaso Verga]

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25 Febbraio 2016 - 15.49


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di Tommaso Verga

La Guardia di Finanza entra in un ufficio-assessorato del Comune di Guidonia Montecelio. Cerca e non trova quanto richiesto dall’autorità giudiziaria (stesso vale per carabinieri, polizia di Stato, guardie ex-forestali). D’altronde, non è una novità: nel processo per il recupero del credito da parte di “Ipsoa” il Comune non s’è mai presentato, né davanti al tribunale civile così come al Tar: non sapeva del giudizio la giustificazione. Nessuno ha replicato quando s’è scritto – hinterlandweb 20 novembre 2015 – che il Comune non s’è costituito contro Felice Maniero alias Luca Mori e la sua “Anyacquae”. Carte sparite, sistemate in luoghi inarrivabili, perché – purché? – la confusione regni sovrana. Così tutto dipenderà dalla “controparte”, l’opposto di quanto è contemplato tra i compiti della pubblica amministrazione, qualunque protocollo da oggettivo diventa soggettivo, uno scambio tra cittadino e soggetto erogatore.

Non si può continuare così, troppi rischi. Urgente quindi il provvedimento riparatore: fuori Adriano Mazza alle Finanze arriva Andrea Di Palma. Tutto nella massima condivisione, concordia. Tanto che il primo nemmeno batte ciglio. Saluta e se ne va. Per chi non avesse capito, ai fintamente ostili, il lascito del 2 febbraio, a margine della riunione di Forza Italia che doveva decidere lo scioglimento del Consiglio comunale: uno per uno Mazza enumera i benefici erogati nelle vesti di (ex) assessore alle Finanze. Per sostenere che il commissario va evitato come la peste, prima bisogna rimettere in ordine la cas(s)a. Con un anno abbondante davanti è possibile che riescano. La competizione è con gli avvisi di garanzia, manette non escluse.

Nel retrobottega, un sindaco impedito a esercitare le funzioni dalla magistratura; al banco, il facente funzioni a carico del quale Raffaele Cantone addebita (insieme con l’altro) ripetute violazioni della normativa. Tale la condizione dei vertici politico-amministrativi di Guidonia Montecelio. Il senso delle istituzioni avrebbe imposto a entrambi e a tutti di rimettere il mandato, di andarsene a casa, di lasciare liberi i cittadini di giudicare i fatti accaduti nel biennio successivo al voto con la corrispondenza tra i titoli e la dignità di governare. Nulla di ciò, il termine è scaduto, è tempo di brindisi.

Si obietterà che le condizioni non sono comparabili. Eligio Rubeis è agli arresti domiciliari, Andrea Di Palma – l’organizzatore del festival contrassegnato dal “più sborra meno sbirri” – a quanto si conosce non è stato raggiunto da provvedimenti. Ma dovrebbe preoccupare, e non poco, il periodo conclusivo, subito precedente la firma, della decisione del presidente dell’Autorità anticorruzione relativa al “caso De Paolis”. Dopo aver premesso che la “condotta dell’amministrazione comunale suscita perplessità poiché in essa si ravvisano diverse e ripetute violazioni della normativa di settore”, decide di “trasmettere la delibera alla procura della Corte dei Conti per gli eventuali profili di danno erariale e alla procura della Repubblica presso il Tribunale di Tivoli, per i profili di competenza”.

La Corte dei conti vien da sé, l’architetto ora a capo dell’Urbanistica cittadina – fino a quando? può mantenere l’incarico nonostante che i titoli decisivi per la ‘promozione’ siano stati ‘bocciati’ dall’Anac? –, in quanto assunto in qualità di capo dello staff del sindaco godeva di un incarico “politico”, che non si poteva trasformare in “operativo” (vertice dei Lavori pubblici, Urbanistica eccetera); quei ruoli erano soggetti a concorso pubblico.

Dalla seconda parte della conclusione nasce il sospetto che le delibere della giunta traggano origine da presupposti diversi da quelli fissati dalla normativa sugli enti locali. Raffaele Cantone è un magistrato. In aspettativa. Il che non si traduce in oblio della conoscenza, ma in impedimento ad istruire procedimenti giudiziari. Quindi comunica alla Procura della Repubblica di Tivoli la constatazione dei suoi uffici che nelle azioni messe in atto per promuovere De Paolis “si ravvisano diverse e ripetute violazioni della normativa di settore”. Il presupposto è fissato, il resto compete appunto al Palazzo di giustizia.

Nulla di ciò ha scosso il facente funzioni da sindaco. Né il sentimento della vergogna ha investito i sostenitori di entrambi, dai partiti agli eletti in Consiglio comunale. A meno che non si voglia ammantare di dignità la manfrina “il partito vuole ma spetta ai consiglieri decidere”, oppure “firmare lo scioglimento col Pd? Non se ne parla”.

Non sono mancati, nella migliore tradizione di Guidonia, i consigliori fuori ruolo, da un tot al chilo. Che, dietro le quinte, senza metterci la faccia, hanno osteggiato qualsiasi ipotesi di scioglimento del Consiglio. Lasciando che tutto andasse alla deriva, peggiorasse, a principiare dalla condizione della popolazione. Quelli che fanno spallucce se si parla di reati. Che per rispondere diventano benaltristi. E così ingrassano il portafoglio-parcelle.

Oltre agli articoli su hinterland, assieme a Mario Cioni e a Sante “Maciacca” Fioravanti, chi scrive firmò la denuncia alla Procura della Repubblica sulla “vicenda paline”, i dieci miliardi di lire spesi per comprare cessi da cantiere, segnaletica, cavalletti stradali: la tangentopoli di Guidonia Montecelio e di Mentana. Le notizie, stavolta anche sulla stampa nazionale, illustrarono gli arresti dei sindaci e di gran numero di consiglieri comunali. Ebbene, il senso di straniamento di quei giorni di tanti anni fa, la rottura del rapporto tra i cittadini con la politica, i partiti, l’amministrazione locale, non sono minimamente paragonabili agli attuali. Altro brindisi.

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