Trapani, dove la massoneria va a braccetto con mafia e politica
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Trapani, dove la massoneria va a braccetto con mafia e politica

Il centro più "massone", Castelvetrano, il paese del superlatitante Matteo Messina Denaro.

Castelvetrano, comune in provincia di Trapani
Castelvetrano, comune in provincia di Trapani
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31 Maggio 2016 - 09.31


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Politica, massoneria e mafia, un triangolo conosciuto a Trapani. Nei decenni scorsi è stata una costante della storia e della cronaca di quest’angolo di Sicilia, probabilmente il più difficile. Non a caso continua a viverci e comandare, da latitante, il numero uno di Cosa Nostra, Matteo Messina Denaro, che certamente di questo triangolo si è servito, e si serve, per restare in libertà, ben protetto. Le ultime: nel comitato d’affari che ad Alcamo influenzava le scelte politiche e amministrative c’era un “fratello”. Emanuele Asta, dirigente regionale del Centro per l’impiego, iscritto alla loggia massonica Myrhiam, è finito agli arresti nell’ultima delle tante inchieste della Procura che cercano di scardinare quel “condizionamento tentacolare” della vita politica, sociale ed economica di una provincia dove la massoneria sembra essere tornata più potente di prima: 19 logge di diverse obbedienze, 6 delle quali a Castelvetrano, il paese del superlatitante Matteo Messina Denaro,460 gli iscritti tra i quali figurano mafiosi, esponenti delle forze dell’ordine, funzionari della prefettura, dirigenti di banca, decine di medici e professionisti, imprenditori. E naturalmente tanti politici e amministratori locali. A fare luce sull’attualità di questo intreccio criminale, una inchiesta di Repubblica, edizione di Palermo, firmato da Alessandra Ziniti.

“Numeri ben più alti di quelli delle sette logge (con 200 iscritti in chiaro e 100 segreti) che il 6 aprile 1986 – ricostruisce Ziniti – vennero scoperte sotto le insegne del circolo culturale Scontrino dal capo della squadra mobile Saverio Montalbano che qualche giorno dopo venne rimosso con una contestazione di uso improprio di  dell’auto di servizio. Da quell’indagine, confluita poi in un processo che portò a sei condanne, sono passati 30 anni – ricorda Repubblica –  Ma, stando all’informativa redatta dalla questura e soprattutto al lavoro del procuratore Marcello Viola e dei sostituti che in un clima di tensione, minacce e avvertimenti, stanno indagando sul grande intreccio tra mafia, politica, massoneria e forze imprenditoriali, a Trapani il fascino di squadra e compasso sembra più forte che mai”

“Tanto che, nel dossier che consegna alla prefettura tutti i nomi degli iscritti alle logge (naturalmente scoperte) – continua Ziniti – la Questura scrive che “le clamorose vicende politico-giudiziarie di risonanza nazionale (P2) e locale (Isise2) non sembrano avere ancora ingenerato il diffuso coinvincimento che in seno a logge massoniche, soprattutto se occulte o deviate, possa annidarsi un vero e proprio potere parallelo in grado di inquinare l’attività amministrativa e la gestione della cosa pubblica costituendo una temibile turbativa per le istituzioni e la collettività”. E così, oltre a rivelare la presenza del nome dell’ex ministro Calogero Mannino negli elenchi della loggia Iside 2 accanto a quelli di boss mafiosi di primissimo piano come Mariano Agate e Natale L’Ala, Gioacchino Calabrò e Antonino Melodia, il dossier disegna la massoneria trapanese 30 anni dopo nelle 19 logge censite a Trapani e provincia”.

Quale il paese più massonico? Neanche a dirlo, il paese di Matteo Messina Denaro. Si legge, infatti, nei documenti riportati da repubblica: “Il paese con più “fratelli” è Castelvetrano: Loggia Italo Letizia 345, Loggia Demetra, Loggia Enoch e poi per l’Obbedienza di Piazza del Gesù la Loggia Oriente. E ancora la “Francisco Ferrer” e la “Hypsas” del Grand Orient de France. Il patto di “solidarietà” accomuna assessori e mafiosi, consiglieri comunali e imprenditori corrotti, burocrati e forze dell’ordine. E la massoneria appare persino più forte della mafia. “Appare lecito chiedersi fino a che punto la quotidiana e multiforme attività di enti pubblici – scrivono gli investigatori – non sia subdolamente pilotata dall’influenza di poteri occulti assai più penetranti della purtroppo diffusa logica clientelare, della dilagante corruzione o ancora delle ben note pressioni intimidatorie di chiara matrice mafiosa”. Da qui, “l’esigenza di sviluppare una sistematica ed incisiva attività di investigazione appare prioritaria”.

A Trapani – ricorda l’edizione palermitana di Repubblica – non c’è inchiesta che non porti alla massoneria. Pure quella sull’ex vescovo Francesco Micciché, rimosso dopo essere stato coinvolto in un’indagine per truffa dei fondi dell’8 per mille. Inchiesta che incrocia un’altra inchiesta, quella sugli appalti per la gestione dei centri di accoglienza dei migranti gestiti da una rete di cooperative  riconducibili alla Curia. E dalle intercettazioni, spunta la massoneria: massoni il titolare della ditta e il progettista incaricati della costruzione, a Paceco, alle porte di Trapani, della nuova chiesa, della canonica e del teatro parrocchiale senza alcuna gara d’appalto. Intascati dalla Curia piu di 3 milioni e mezzo di euro in tre anni.

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