Dire pezzo di merda a un mafioso non è reato
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Dire pezzo di merda a un mafioso non è reato

Il Tribunale di Trapani ha assolto il giornalista Rino Giacalone, imputato di aver apostrofato il boss Mariano Agate con quell'epiteto

Contro la mafia
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8 Giugno 2016 - 11.10


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A un boss mafioso si può ben dire “sei un pezzo di merda”. Infatti, il Tribunale di Trapani  ha assolto il giornalista Rino Giacalone, imputato per aver apostrofato il boss Mariano Agate come “un pezzo di merda”. L’accusa era quella di diffamazione a mezzo stampa. L’assoluzione e’ stata disposta dal giudice Gianluigi Visco in base all’articolo 21. Il procedimento era scaturito dalle denunce di Rosa Pace, vedova di Mariano Agate, capomafia di Mazara del Vallo deceduto per cause naturali nell’aprile 2013. Il processo ha ripercorso il curriculum criminale di Agate, membro della cosiddetta commissione regionale di Cosa Nostra, condannato all’ergastolo per mafia, attivo nella raffinazione e nel traffico di sostanze stupefacenti ed iscritto alla nota loggia massonica Iside 2.

Alla morte, il questore di Trapani ne aveva vietato i funerali pubblici ed anche il Vescovo di Mazara del Vallo, Domenico Mogavero aveva rifiutato i funerali religiosi. In quei giorni Giacalone, attraverso un articolo pubblicato sul portale malitalia.it, aveva ricostruito i trascorsi di Mariano Agate concludendo che come la sua morte togliesse alla Sicilia la presenza di “un gran bel pezzo di merda”. Durante la requisitoria il pm Franco Belvisi aveva chiesto la condanna del giornalista ricordando che “nessuna norma prevede particolari eccezioni per i consociati mafiosi”. Ma la difesa di Giacalone ha citato una voluminosa giurisprudenza, affermando come “quanto e’ piu’ noto il soggetto di cui si scrive, tanto piu’ ampia puo’ essere la latitudine di criticita’”. La sentenza e’ stata accolta da don Luigi Ciotti, da un gruppo di attivisti di Libera e dai familiari di Mariano Agate, riconosciuti come parti civili nel procedimento

Chi era Mariano Agate. Mariano Agate,  capomafia di Mazara del Vallo, è stato condannato all’ergastolo per la strage di Capaci. Nel 1985 è stato condannato all’ergastolo per sette omicidi, tra cui quelli del giudice Giangiacomo Ciaccio Montalto e del sindaco di Castelvetrano Vito Lipari. Per quest’ultimo omicidio fu assolto in Cassazione nel 1993. Secondo il collaboratore di giustizia Salvatore Contorno, alla fine degli anni settanta Agate gestiva una raffineria di eroina nei pressi di Mazara del Vallo in collegamento con il mafioso Francesco Mafara (legato al boss Stefano Bontate, che inoltrava la droganegli Stati Uniti. Nel 1986 Agate risultò nell’elenco degli iscritti alla loggia massonica segreta Iside 2 di Trapani, in cui comparivano anche il mafioso Mariano Asaro e l’onorevole Francesco Canino. Agate era considerato uno degli uomini di riferimento di Totò Riina. Arrestato nel 1990, nel 2004, nonostante si trovasse già in regime di carcere duro, è stato coinvolto in un’indagine per aver fatto arrivare ordini al figlio Epifanio. Scarcerato a marzo 2013 per gravi motivi di salute, è deceduto nella sua abitazione di Mazara del Vallo il 3 aprile 2013 all’età di 73 anni.

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