La strage silenziosa: si celebra il giorno della memoria per i migranti
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La strage silenziosa: si celebra il giorno della memoria per i migranti

A Lampedusa morirono 366 migranti. 20 i dispersi. Nel 2013 gridammo 'mai più'. Ma le stragi non si fermano.

Fiori buttati in mare per i migranti vittime della strage del 3 ottobre 2013
Fiori buttati in mare per i migranti vittime della strage del 3 ottobre 2013
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3 Ottobre 2016 - 10.20


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3 ottobre 2013. 3 ottobre 2016. Oggi è la prima Giornata della Memoria delle vittime dell’immigrazione. Una data importante. Una data sacra come la vita dei migranti che ha visto la fine in fondo al mare. Una data che è un simbolo. A cui non sembrano seguire i fatti. In questi 3 anni però le morti sono continuate ad aumentare, arrivando a oltre 11 mila.

È stata una delle tragedie più gravi che si è consumata nel Canale di Sicilia. Tre anni fa, il 3 ottobre del 2013, una imbarcazione libica utilizzata per il trasporto di migranti è naufragata a poche miglia del porto dell’isola di Lampedusa. Le vittime di quel naufragio furono 386 (366 morti accertati e 20 dispersi), numeri che fanno di questa tragedia una delle più gravi catastrofi marittime nel Mediterraneo dal dopoguerra.

 

Furono portate in salvo da quel barcone 155 persone, di cui 41 minori.

L’imbarcazione era un peschereccio lungo circa 20 metri ed era salpata dal porto libico di Misurata il 1/o ottobre 2013, con a bordo migranti di origine africana provenienti soprattutto dall’Eritrea. Quando il barcone carico di profughi giunse a circa mezzo miglio dalle coste lampedusane, poco lontano dall’Isola dei Conigli, l’assistente del capitano gettò a terra una torcia infuocata che provocò un devastante incendio. Le fiamme erano state accese – fu spiegato in seguito – per fare notare la presenza della ‘carretta’ del mare alle autorità italiane e per far scattare dunque i soccorsi. Nei difficili istanti in cui i profughi cercarono di mettersi in salvo l’imbarcazione si capovolse e poi colò a picco.

I primi ad accorgersi della tragedia furono all’alba dei pescatori locali che videro la gente in mare in mezzo a pozze di gasolio. Furono proprio quei pescherecci a caricare i primi superstiti mentre comunque era stato dato l’allarme alla Guardia Costiera.

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E’ dello scorso mese di aprile la decisione della Corte di assise di appello di Palermo che ha confermato 30 anni di reclusione al somalo Mouhamud Elmi Muhidin, uno degli scafisti del barcone naufragato quel 3 ottobre 2013.
“Comitato 3 ottobre”. Dopo quella tragedia si era istituito il “Comitato 3 ottobre” per non dimenticare le vittime del mare e con una legge, approvata definitivamente il 16 marzo scorso, oggi si celebra la prima Giornata della Memoria.

“Mai più”. Tre anni fa a Lampedusa fu questa l’espressione più usata. Ma dopo il terribile naufragio al largo dell’isola dei conigli, costato la vita a 368 persone, quasi tutte eritree, le morti nel Mediterraneo sono continuate a salire. Dal 3 Ottobre 2013 ad oggi la lista dei morti e dispersi si è allungata di oltre 11.400 persone secondo l’Unhcr. Solo quest’anno, sono circa 3.500. Nel terzo anniversario della strage, diventato da quest’anno Giornata della Memoria, da nord a sud Italia, sono tante le iniziative che celebrano il ricordo del naufragio e chiedono giustizia per le morti in mare.

 

 

“La celebrazione della Giornata nazionale in memoria delle vittime dell’immigrazione diventi anche l’occasione per condividere la volontà di costruire corridoi umanitari e vie legali che accompagnino in sicurezza i migranti e le loro famiglie nel loro cammino e che consentano l’ingresso in Italia e in Europa senza altre vittime innocenti – chiede la Fondazione Migrantes -. Sono trascorsi tre anni da quel tragico naufragio a poche decine di metri dalle coste dell’isola di Lampedusa, il 3 ottobre 2013, che causò la morte di 366 persone. Le immagini delle bare, una accanto all’altra, nell’hangar dell’aeroporto militare, è ancora presente nella nostra memoria e non possiamo dimenticarle facilmente. L’Italia reagì a quella tragedia creando l’operazione ‘Mare nostrum’, che ha dato vita a tanti uomini e donne che tentavano di raggiungere le nostre coste: 170.000 le persone salvate in un anno. Dall’ ottobre 2014 l’operazione è stata sospesa, perché l’Europa non ha voluto farsene carico, non ha voluto considerare il Mediterraneo un Mare anche europeo. Da allora sono oltre 270.000 le persone migranti salvate nel Mediterraneo, con navi anche di altri stati europei oltre che dell’Italia e con navi di Organizzazioni private, ma ancora troppi sono stati i morti: dal 3 ottobre 2013 ad oggi oltre 11.500 migranti, e il Mediterraneo è diventato un ‘cimitero’, come ha ricordato papa Francesco”.

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Anche il Centro Astalli, che è tra i promotori dell’istituzione del 3 ottobre come giornata nazionale della memoria, lancia un appello a Istituzioni nazionali e internazionali e alla società civile: “neanche più un morto nel Mediterraneo”. “Celebrare una Giornata della memoria per quanti non ce l’hanno fatta vuol dire ricordare un numero impressionante di bambini, donne e uomini annegati nel Mediterraneo sottolinea padre Camillo Ripamonti -. Molte delle politiche messe in atto da quel tragico 3 ottobre in poi vanno in una direzione estremamente preoccupante e non di rado in aperta violazione dei diritti umani e delle principali convenzioni in materia di asilo. Ricordare i morti vuole dire prima di tutto rispettare la dignità e i diritti dei vivi”.

Proprio per fermare le stragi l’Arci il 3 ottobre organizzerà un flash mob a Roma in piazza del Pantheon, alle ore 11. L’obiettivo è “ricordare le migliaia di persone in fuga dai loro paesi, morte nella ricerca di un futuro migliore”. “Basta vittime di immigrazione, si aprano corridoi umanitari, si adottino politiche di vera accoglienza” è lo slogan scelto. “Il Mediterraneo continua ad essere la rotta più pericolosa, ed è ormai diventato un enorme cimitero a cielo aperto. L’ultimo naufragio di cui abbiamo notizia è avvenuto il 21 settembre, davanti alle coste egiziane, e pare che le vittime siano più di trecento – aggiunge Arci -. Intanto i governi europei, a partire da quello italiano, stanno lavorando per stringere accordi con i paesi di origine e transito, per chiudere ogni possibilità di arrivare in Europa. L’ultimo accordo è stato firmato ad agosto dal capo della polizia italiana col suo omologo sudanese e consente il rimpatrio delle persone provenienti persino dal Darfur (40 persone sono già state rimpatriate) dove è noto che le bande paramilitari legate al governo uccidono senza pietà ed è di stamattina la notizia che in quel paese vengono usate armi chimiche”.

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Anche nell’isola che fu teatro della strage, da oggi a lunedì si ricorda la strage con l’iniziativa “L’Europa inizia a Lampedusa” organizzata insieme al Comitato 3 ottobre.“Proteggere le persone e non i confini” è ancora la parola d’ordine, ma oggi si chiede anche un’azione  contro i muri che l’Europa sta continuando ad alzare ovunque per fermare chi è in fuga. “Muri e filo spinato che costringono chi scappa a cercare vie più pericolose, rafforzano la rete di trafficanti di uomini, provocano di fatto il genocidio, l’olocausto che si ripete ogni giorno al quale noi non vogliamo abituarci”, sottolineano i promotori dell’iniziativa. All’iniziativa parteciperanno anche 300 ragazzi, studenti da tutta Europa, che arriveranno sull’isola assieme ai superstiti ed ai familiari delle vittime del naufragio del 3 ottobre. Fino a lunedì si alterneranno laboratori, dibattiti di scambio di conoscenza, di riflessione e di studio. 

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