“Quelle del Movimento Cinque Stelle sono le stesse richieste che facevano il signor Carminati e il signor Buzzi che ora sono in carcere per associazione mafiosa. Il Movimento Cinque Stelle, sperando di raccogliere maggiore consenso, fa le stesse richieste della mafia”. È questa la dichiarazione, fatta nel 2015, che è costata all’ex sindaco di Roma, Ignazio Marino, il rinvio a giudizio per diffamazione.
Il gup Alessandra Boffi ha fissato il processo a suo carico per 24 gennaio 2018, giorno in cui dovrà difendersi presentandosi in aula. Vicenda per cui era stata chiesta lo scorso anno l’archiviazione da parte della Procura al giudice per le indagini preliminari, Cinzia Parasporo che, però, ha ritenuto non sussistessero i presupposti per l’archiviazione della vicenda a carico dell’ex primo cittadino di Roma.
La difesa delle parti civili coinvolte (gli ex consiglieri Virginia Raggi, Marcello De Vito, Daniele Frongia, Enrico Stefàno, la deputata Roberta Lombardi e il consigliere regionale Gianluca Perilli) ha convinto il giudice: “Si tratta di un provvedimento ineccepibile – spiegano i legali Ervin Rupnik e Paolo Morricone – non si può dire che un avversario politico faccia le stesse richieste della mafia”.
Ignazio Marino aveva pronunciato quelle parole in occasione della campagna mitragliatrice portata avanti dal Movimento di Beppe Grillo, che chiedeva il proscioglimento del Comune di Roma per infiltrazioni mafiose.
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