Molte sono le domande che sorgono spontanee pensando al terremoto di Ischia: che sia connesso al sisma in centro Italia della scorsa estate? L’area è a rischio nel breve futuro? Che tipo di episodio tellurico si è verificato ad Ischia?
Claudio Satriano, che lavora come ricercatore per l’Institut de Physique du Globe, ha rilasciato di recente una lucida intervista al Tgcom24 in cui risponde a questi urgenti interrogativi.
Che tipo di fenomeno si è verificato a Ischia?
Si tratta di un terremoto di magnitudo moderata, compresa tra 3.8 e 4, e di natura tettonica, vale a dire associata a una faglia. Sappiamo che Ischia è un’isola vulcanica, legata alla Caldera dei Campi Flegrei, ma in questo caso siamo davanti a un sisma di origine tettonica, associato al movimento di una faglia che si mette in movimento per la deformazione della crosta terrestre. Gli Appennini sono la zona che in Italia si sta deformando di più e che è all’origine dei fenomeni dello scorso anno.
Rispetto ai terremoti che hanno interessato il Centro Italia un anno fa, questo episodio come si pone? C’è correlazione con le scosse che hanno raso al suolo Amatrice e Accumoli?
No, non c’è alcuna correlazione, nel senso che non c’è una relazione di causa ed effetto. Sono eventi lontani nello spazio e nel tempo, ma il quadro generale è lo stesso: stiamo assistendo alla deformazione di tutto il territorio italiano che viene compresso tra la placca africana e la placca europea.
Le scosse continuano anche a Ischia: cosa vuol dire?
È assolutamente normale. Un terremoto è quasi sempre seguito da eventi generalmente più piccoli che chiamiamo “repliche”. La maggior parte dell’energia è rilasciata dalla scossa principale, mentre l’energia residua è poi rilasciata nelle scosse seguenti, di solito meno intense, anche se ci possono essere delle eccezioni.
A Ischia dopo la scossa del 21 agosto si è registrato il fuggi fuggi dei turisti. In 11mila hanno subito abbandonato l’isola dopo il primo terremoto. Il territorio è sicuro?
È un argomento complesso. Bisogna domandarci cosa voglia dire l’aggettivo “sicuro”. Il rischio sismico è prodotto di tre fattori: il primo è la pericolosità sismica che è mappata dalla carta dell’Istituto nazionale di geofisica; indica che una zona è più o meno sismica in funzione delle sorgenti sismiche che si trovano in quel territorio ed esprime la pericolosità in termini di accelerazione del suolo. Il secondo fattore è quello della vulnerabilità, cioè la capacità delle strutture (abitazioni, infrastrutture, etc). di resistere al movimento del suolo. In terzo luogo conta l’esposizione, vale a dire quanti beni sono esposti al rischio del territorio: un terremoto di magnitudo 8 non fa danni nel deserto, in una metropoli molto popolosa sì. Non sono un ingegnere strutturale però le prime notizie circolate indicano che buona parte degli edifici crollati a Ischia non fossero stati costruiti in maniera adeguata. Del resto lo sappiamo da tempo: è il crollo delle case a uccidere, non il terremoto. Non possiamo prevedere quando il terremoto avverrà, ma possiamo prevedere cosa succederà. Il senso della carta sismica è proprio questo: prevenire, cioè costruire in modo che non ci siano vittime. Paradossalmente, anche se riuscissimo a prevedere un sisma, non riusciremmo a evitare il crollo degli edifici non sismici, quindi i danni materiali.
Quali sono le altre zone d’Italia che potrebbero essere interessate da un risveglio improvviso del sottosuolo?
Conosciamo abbastanza bene il nostro paese per poter anticipare gli effetti dei sismi in termini di accelerazione. Il quando è difficile da stabilire, ma le zone più a rischio sono quelle dell’Appennino, dalla Toscana, parte della Liguria, fino alla Calabria, la Sicilia, Nord Ovest e Nord Est. L’unica regione, tra virgolette, al sicuro è la Sardegna che sorge su un pezzo di crosta antico e non soggetto a eventi sismici. Dobbiamo vivere con la consapevolezza che c’è rischio sismico praticamente dappertutto in Italia. E bisogna prepararsi ai possibili terremoti avendo intanto un’idea di come è costruita la propria casa. Poi bastano alcuni semplici accorgimenti per contenere i danni: fissare i mobili al muro, evitare di piazzare varie suppellettili sul letto, stabilire cosa fare in caso di scossa, come individuare nella propria abitazione una architrave o un altro luogo sicuro. Ci sono tante piccole azioni che si possono attuare in caso di terremoto e a volte è proprio il primo gesto a fare la differenza. Poi chiaramente si deve risalire la scala delle responsabilità fino al livello politico e capire se nei crolli ci sono colpe da parte delle istituzioni, nel caso soprattutto degli edifici pubblici.
A poche ore dalla scossa si è infiammata la polemica sull’abusivismo. Si tratta di un problema così diffuso e grave per il nostro paese?
Probabilmente sì. Non so se le case crollate a Ischia fossero abusive, ma in generale riscontro una forte mancanza di cultura del rischio sismico a diversi livelli. Se sono possibili certe costruzioni è perché le leggi esistenti non vengono fatte rispettare o non sono sufficienti. L’abusivismo è il caso estremo, ci sono tanti casi di costruzioni perfettamente legali da un punto di vista formale ma di fatto pericolose o non dimensionate in maniera corretta per resistere agli eventi sismici. Negli anni, è vero, sono stati promossi diversi incentivi per gli interventi di messa in sicurezza, ma la cosa è lasciata alla discrezione di ciascuno. Dobbiamo recuperare tanto in maniera di educazione. Il terremoto non è una calamità ineluttabile, penso a Giappone, Cile e California dove la popolazione è abituata a condividere con sismi di ben maggiore forza. Mi pare inaccettabile che in una nazione del G8 le persone possano morire per un terremoto di una energia così modesta come quello che ha interessato Ischia.