Torna la vecchia pista eversiva che, dopo le dichiarazioni dei pentiti, era stata scartata: una targa rubata riapre il caso dell’omicidio di Piersanti Mattarella, presidente della Regione Sicilia ucciso il 6 gennaio 1980. I nuovi spunti, ridanno slancio alla pista ‘nera’ già seguita da Giovanni Falcone che viene ripresa dalla Direzione distrettuale antimafia di Palermo, pista di killer neofascisti mandati giù in Sicilia per fare un omicidio che è sempre stato attribuito alla regia di Cosa nostra.
Il sicario, mai identificato, sparò con una pistola a Piersanti Mattarella e poi fuggì, salendo su una Fiat 127 dove l’aspettava un complice.
In questi ultimi mesi c’è stata un’intensa attività investigativa. Tra le informazioni all’esame dei magistrati gli spezzoni di una targa di un’auto che venne ritrovata il 26 ottobre del 1982 in un covo dell’estrema destra a Torino dove si era nascosto negli anni precedenti il latitante di ‘Terza Posizione’ Fabrizio Zani.in un appartamento di via Monte Asolone, i carabinieri trovarono due targhe automobilistiche tagliate. Un primo spezzone aveva la sigla PA (come Palermo) e il secondo PA 563091. Sono gli stessi numeri, ma composti diversamente, rimasti agli assassini di Piersanti Mattarella, che avevano utilizzato due targhe rubate per camuffare la Fiat 127 del delitto.
Cosa avevano fatto i killer di Palermo? Il giorno prima dell’omicidio, avevano prelevato la 127 targata PA 536623. E sempre quel giorno, il 5 gennaio 1980, avevano asportato da una Fiat 124 una targa con questa sigla: PA 540916. Poi avevano costruito una nuova targa, con i numeri delle altre due: PA 546623, rimasta attaccata alla Fiat 127 abbandonata dopo il delitto. Dunque, ai sicari erano rimasti questi spezzoni: PA 53 della prima targa e 0916 della seconda. PA 530916. A Torino, invece, i carabinieri trovarono nel covo nero: PA 563091. Come se l’ultimo numero, il 6, fosse stato spostato di posizione e inserito subito dopo il 5 iniziale. “Una coincidenza che ha aspetti di stupefacente singolarità” , scriveva già nel 1989 il giudice Loris D’Ambrosio, grande esperto di indagini sui neofascisti, in quegli anni in servizio all’Alto Commissariato antimafia. Il giudice D’Ambrosio compilò un corposo dossier sul delitto Mattarella partendo proprio da quelle targhe (“L’esito dell’accertamento appare di rilievo”) e avanzando l’ipotesi che ad uccidere il presidente della Regione fossero stati proprio i neofascisti.
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