di Valerio Bianchi
Dopo l’arrivo del governo Lega-M5s, l’insediamento di Matteo Salvini al Viminale, la linea dura inaugurata nei confronti dei migranti, la fine della pacchia, l’odissea della Aquarius, le schedature shock dei rom, la vita al presidio Baobab experience di Roma prosegue come sempre. Magari con qualche preoccupazione in più.
Sono circa 350 le persone ospitate attualmente nel centro della capitale vicino alla stazione Tiburtina. Si tratta per la maggior parte di giovani, quasi tutti ragazzi. Arrivano per lo più dall’Africa e molti di loro sono di passaggio a Roma per proseguire il loro viaggio verso il nord Europa.
“La stragrande maggioranza dei migranti che si trovano qui – racconta Andrea Costa, uno dei responsabili di Baobab experience – sono arrivati con gli ultimi sbarchi. Sono molto giovani, tanti hanno tra i 18 e i 20 anni, ed è capitato anche di ospitare dei minorenni non accompagnati. Per molti di loro l’Italia non è il paese di arrivo ma è, o dovrebbe essere, la penultima tappa del loro viaggio verso i paesi del nord Europa”.
“Restano qui pochi giorni – aggiunge ancora Costa – mediamente una settimana. Una permanenza legata anche alle continue voci che seguono sulla situazione al confine: se sentono dire domani a Ventimiglia si passa si preparano per partire”.
Molti di loro vengono da viaggi fatti di mille difficoltà, torture, violenze, privazioni, naufragi. E salire su una barca scassata, una delle tante bagnarole che si vedono nel Mediterraneo, è quasi una liberazione dopo le traversate nel deserto o le violenze continue, anche sessuali, subite nei centri libici.
“Dopo quello che hanno passato – dice ancora Costa – ci vorrebbe un esercito di psicologi. Lo dico perché altrimenti tra qualche anno rischiamo di trovarci una generazione di migranti con seri problemi”.
Ci è passato Mike, costretto a lasciare la Nigeria dove è nato 24 anni fa. “Ho lasciato mia madre, la mia famiglia, e sono arrivato in Italia dopo essere passato per uno dei centri di detenzione dei migranti in Libia. Ci sono rimasto tre mesi – racconta controvoglia – e ho visto continuamente violenze di ogni tipo. Very difficult”, aggiunge.
Mike ha studiato business company ed è un richiedente asilo da 8 mesi. “Voglio restare in Italia – racconta – e spero si poter trovare un lavoro qui”. Parla poi del suo arrivo. “Sono stato salvato in mare, a largo di Taranto. Da lì ci hanno portato all’ufficio immigrazione dove sono iniziate le pratiche burocratiche per richiedere asilo politico”. E ora aspetta i documenti.
C’è poi Demali. Ha 29 anni ed è nato in Mali. E’ arrivato in Italia a Lampedusa e da lì è andato a Bari in Puglia. Poi a Roma. “Sono un cuoco – racconta – ma trovare lavoro è sempre difficile. Anche come cameriere o operaio. Non si fidano oppure cercano di sfruttarti”.
Demali è amareggiato e arrabbiato per come vengono trattati gli stranieri in Italia. “E se hanno la pelle nera come me – aggiunge – allora vengono trattati ancora peggio. Come mai? Non so se sia razzismo, non lo so. Vedo che siamo considerati come le bestie, a volte anche peggio”.
“Qualche giorno fa sono dovuto scappare senza motivo. C’erano tre quattro ragazzi che mi avevano visto e avevano iniziato ad avvicinarsi. Mi sono messo a correre e sono scappato anche se non avevo fatto nulla”.
Yassin è del Marocco, ha 28 anni. E’ a Roma da poco e rimpiange la Germania dove ha vissuto per un periodo facendo l’istruttore di nuoto e kick boxing. Adesso racconta che vorrebbe restare in Italia ma “non c’è niente”. Nella sua vita dice di aver incontrato molte volte il razzismo e di aver vissuto sulla propria pelle il pregiudizio nei confronti degli stranieri. “Vorrei chiedere a tutti – dice Yassin – di dare una possibilità alle persone. Tanti parlano di migranti in modo catastrofico: non sono buoni, rubano. Ma sono solo alcuni, come in tutte le comunità. Rubano anche alcuni italiani, e allora? L’immigrazione riguarda decine di paesi. Se ognuno inizia a dire tu sei marocchino non vai bene, tu sei africano non vai bene, come si finisce?”.
“Non ho mai chiesto la carità – racconta ancora Yassin – e ho sempre cercato di cavarmela da solo, con le mie forze. Qui in Italia però è molto difficile. Il paese mi piace e anche la gente ma ci vuole una grande immaginazione per riuscire a restare”.
Yassin parla poi della Germania. “Avevo un lavoro, la casa e facevo la mia vita. Appena arrivato mi avevano dato un sussidio e aiutato a trovare lavoro perché pensano che l’immigrazione sia una risorsa. Poi però le cose sono cambiate….ed eccomi qui”.
Il lavoro al presidio Baobab experience va avanti non senza difficoltà. A cominciare dai rapporti con l’amministrazione capitolina guidata da Virginia Raggi.
“Abbiamo un record – sottolinea ancora Andrea Costa – siamo stati sgomberati da tutti a Roma. Da giunte di centrosinistra, da giunte tecniche, come quella del commissario Tronca, e anche da quella guidata da Virginia Raggi. Amici non ne abbiamo da nessuna parte. Siamo un gruppo di cittadini e cittadine che si è auto organizzato per portare avanti questo lavoro”.
“Noi parliamo con tutti. Il miracolo di Baobab di aver aiutato più di 75mila persone in questi anni – afferma Costa – è di aver resistito alle tentazioni ideologiche di fronte al dramma umano e all’emergenza umanitaria che riguarda queste persone. Collaboriamo con tutti. Ci accusano da una parte di essere troppo moderati oppure di essere troppo estremisti. Quando riceviamo entrambe le accuse pensiamo di essere sulla strada giusta.
E con il governo e il ministro dell’Interno Salvini? “Credo che la linea guida di un governo intelligente – afferma Costa – non possa che essere una: ribadire che non c’è nessuna invasione ed emergenza. Lo dicono i numeri e qui si è sbagliato anche a livello di media e di comunicazione. Dagli Stati Uniti di Trump fino all’Europa quello dell’immigrazione è diventato il tema dominante per coprire, secondo me, scelte industriali ed economiche sbagliate, politiche sbagliate, corruzione. Per coprire insomma tutte le cause vere dell’impoverimento del nostro continente e dare la colpa agli ultimi. E oggi gli ultimi sono i migranti”.
“Credo che lo scatto ci sarà – conclude Costa – quando la politica capirà che investire nell’accoglienza è investire in sicurezza. Investire nell’accoglienza è togliere manovalanza alla criminalità organizzata, è togliere terreno al fondamentalismo e all’integralismo religioso e al potenziale terrorismo. Il contrario di quello che si sta facendo”.
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