Roma, politici spiati: condannati i fratelli Occhionero
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Roma, politici spiati: condannati i fratelli Occhionero

5 anni per Giulio Occhionero e 4 anni per la sorella, Francesca Maria accusati di cyberspionaggio su vasta scala. Controllavano migliaia di computer appartenenti a società, partiti e istituzioni

Francesca Maria e Giulio Occhionero
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17 Luglio 2018 - 10.55


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Condannati a Roma i fratelli Occhionero accusati di accesso abuso a sistema informatico. Il giudice monocratico ha inflitto una condanna a 5 anni per Giulio Occhionero e a 4 anni per la sorella, Francesca Maria. Nei loro confronti la Procura contestava una presunta attività di cyberspionaggio su vasta scala ai danni di siti istituzionali e partiti politici.
Il giudice Antonella Bencivinni ha disposto come pene accessorie l’interdizione perpetua dai pubblici uffici per l’ingegnere nucleare e una interdizione di 5 anni per la sorella. Decisa anche una provvisionale immediatamente esecutiva in favore di Enav (5mila euro), Regione Lazio (500 euro), Viminale (2mila euro), ministero degli Esteri (8mila) e ministero Economia e Finanza (25mila euro).
Il pm Eugenio Albamonte aveva sollecitato una condanna a 9 anni per Giulio Occhionero e 7 anni per la sorella. Al termine della lettura della sentenza la madre dei due fratelli ha gridato: “Non è giusto”.
L’ingegnere nucleare e la sorella, finirono in manette il 9 gennaio del 2017. L’inchiesta sui presunti episodi di hackeraggio, non ha mai completamente chiarito con quali fini i due carpissero dati: venne ipotizzato che volessero fornire informazioni su appalti, o investire in borsa, o forse accumulare una serie di dati sensibili legati a personalità che un giorno avrebbero utilizzato in altro modo.
Gli investigatori hanno accertato che i due gestivano una rete di computer (botnet), infettati con un malware chiamato Eyepyramid. L’inchiesta è partita dalla segnalazione dell’invio di una mail, arrivata all’Enav, che conteneva il virus in questione, il cui codice di acquisto rimandava a Giulio Occhionero. Seguendo quella traccia lasciata da Eyepyramid, gli investigatori sono risaliti alla rete botnet che, sfruttando il malware, riusciva ad acquisire da remoto il controllo dei computer e dei sistemi informatici delle vittime.
Gli Occhionero, secondo l’accusa, avevano creato negli anni “una vera e propria rete telematica che puntava ad infettare circa 18mila pc in modo da carpire dati sensibili all’insaputa del proprietario del computer”. Sono stati 1935 i personal computer dei quali l’ingegner Occhionero aveva anche le password, e di cui quindi aveva il pieno controllo.
Tra i pc presi di mira anche quelli della Camera e del Senato, dei ministeri degli Esteri e della Giustizia, del Pd, di Finmeccanica e della Banca d’Italia. Per i pm, i fratelli avrebbero tentato di violare anche le mail dell’ex presidente del Consiglio Matteo Renzi, del presidente della Bce Mario Draghi e dell’ex premier Mario Monti. Sempre secondo l’accusa all’ingegnere Giulio Occhionero spetta la “responsabilità di avere concepito, pianificato e alimentato dal 2001 un sistema per l’acquisizione” di un numero enorme di dati. Per gli inquirenti sono oltre tre milioni e mezzo le mail carpite e 6mila le persone spiate.
Durante le indagini, sono state effettuate una serie di verifiche bancarie e patrimoniali, in Italia e all’estero, sui due fratelli, che pur essendo sulla carta nullatenenti avevano una vita agiata, nel tentativo di ricostruire la galassia di almeno quattro società con sede a Regent Street, Londra, formalmente tutte inattive e che facevano riferimento a Giulio Occhionero. Nel processo erano parte civile la Presidenza del Consiglio dei ministri, e i ministeri di Esteri, Interni ed Economia.

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