L’inferno in terra. Torturati, martirizzati, umiliati, legati e appesi con le corde come salami. Anche la morte rappresenta, paradossalmente, una liberazione per i migranti africani prigionieri nei centri di detenzione in Libia, che alcuni si ostinano ancora a considerare un “porto sicuro”. I racconti dei sopravvissuti non bastano più a farci rendere conto dell’orrore quotidiano che si consuma al di là del Mediterraneo: come è possibile immaginare l’inferno in terra se non guardandolo con i propri occhi? E Papa Francesco, come riporta oggi in apertura e in grande evidenza Avvenire, ha voluto vedere personalmente ciò che è impossibile concepire solo con il pensiero.
Le foto qui pubblicate, violente come un pugno nello stomaco, sono dei fermi immagine dei filmati conservati dai superstiti, come prova delle violenze subite, per aprire gli occhi del mondo sulla loro realtà. Esattamente come le foto scattate nei campi di concentramento nazisti: necessarie, nella loro ferocia, perché altrimenti nessuno avrebbe creduto a cosa potè arrivare l’uomo solo il secolo scorso. «Ho visto un filmato in cui si vede cosa succede a coloro che sono mandati indietro – ha detto ai giornalisti Bergoglio, tornando dall’Irlanda -. Sono ripresi i trafficanti, le torture più sofisticate». Immagini girate dai mercanti di schiavi del XXI secolo, come uno squallido trofeo della loro brutalità, o per chiedere un riscatto ai familiari dei detenuti. In uno dei video si vede un giovane nudo, in lacrime, che implora pietà, solleticando così ancor più la ferocia dei carcerieri, che ridono mentre lo picchiano, in cinque contro uno, con calci, pugni e bastonate, prima di sfregiargli il volto con un coltello. Questa è la dolora verità. Questa è la sorte che spetta a chi viene respinto sui barconi.