Ogni volta la stessa storia. Decine di curriculum inviati. Poi la chiamata dei datori di lavoro. “Siamo interessati, venga al colloquio”. Poi arriva il colloquio, pochi secondi e viene scartata. Noha è musulmana, porta il velo e questo non va bene, almeno secondo molti datori di lavoro. Noha ha 20 anni e tanta voglia di fare. E’ nata a San Miniato, in provincia di Pisa, da genitori marocchini. Parla toscano. Sta studiando infermieristica all’Università di Firenze e vorrebbe diventare infermiera. Per pagarsi gli studi, e per fare qualche viaggio, ha bisogno di lavoro. “Ho iniziato come baby sitter, i primi problemi cominciarono lì. Una mamma aveva bisogno di una baby sitter e allora, tramite la mediazione di una mia amica, andai al colloquio. Fui scartata, quella signora guardava il mio hijab con diffidenza”. Stessa cosa con i colloqui successivi, negli hotel, nelle agenzie. Durante un colloquio per diventare assistente di un dentista, il titolare le disse se era disposta a togliersi il velo. Lei disse no. E rimase senza lavoro. Poi la svolta, pochi mesi fa, quasi un miracolo come dice lei. “Quando mi hanno detto che mi avrebbero assunta, ho fatto i salti di gioia”.
Oggi Noha lavora, incredula e felice. Fa la commessa nella catena di abbigliamento Cotton & Silk nel centro commerciale della stazione fiorentina Santa Maria Novella. E’ la prima e unica commessa col velo a Firenze. Si muove tra scarpe e camicie con disinvoltura, aiuta i clienti e dialoga con le colleghe. Spesso è alla cassa. Il velo non è più un ostacolo. “Dovrebbe essere la normalità, ma in Italia c’è ancora diffidenza, soprattutto nella popolazione più anziana”. E tra i datori di lavoro: “Hanno paura del giudizio dei clienti, è come un blocco mentale, dicono che, se dipendesse da loro, non ci sarebbero problemi, ma i clienti…”.
Noha è molto religiosa. Porta il velo da quando aveva 8 anni. “E’ stata una mia libera scelta. I miei genitori erano scettici, non volevano, ma io ero fissata, avevo come esempio una ragazza che sapeva tutto il Corano a memoria”. Durante le scuole medie cominciarono le prime diffidenze, anche da parte delle maestre. “Mi dicevano se avevo caldo, se soffrivo a non mostrare i capelli in pubblico, tendevano a pensare che mi fosse stato imposto, ma non è mai stato così”.
Oggi Noha fa parte de gruppo dei Giovani Musulmani Italiani di Firenze. Continua a inseguire il sogno di fare l’infermiera. Vive a Firenze in un alloggio universitario condiviso con una coinquilina. “Voglio fare l’infermiera perché voglio essere di aiuto agli altri. Aiutare gli altri anche soltanto col sorriso, rende felici gli altri e rende felice me. Ha già fatto il tirocinio all’ospedale di Santa Maria Nuova, dove la responsabile del reparto le chiese di non lavorare con le maniche lunghe. Lei, nonostante i precetti musulmani invitino le donne a stare con le maniche lunghe, ha seguito le indicazioni della dottoressa. “Dobbiamo avere l’intelligenza di interpretare il Corano”.