Ecco quanto costano mense e nidi: la spesa media di una famiglia italiana è di 382 euro al mese
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Ecco quanto costano mense e nidi: la spesa media di una famiglia italiana è di 382 euro al mese

Parliamo di una famiglia media italiana (con un Isee di 19.900 euro), con un bimbo al nido e un altro alla materna o primaria.

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25 Ottobre 2018 - 12.40


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Tariffe stabili o in leggera crescita a livello nazionale, ma con differenze regionali e fra singoli capoluoghi. È questa la fotografia su asili nido e mense della penisola scattata dal secondo dossier ‘Servizi in…Comune. Tariffe e qualità di nidi e mense’ diffuso oggi da Cittadinanzattiva. In base ai dati raccolti, una famiglia media italiana (tre persone con un minore al di sotto dei 3 anni e un Isee di 19.900 euro), con un bimbo al nido e un altro alla materna o primaria, spende al mese 382 euro, precisamente 300 euro per la retta dell’asilo e 82 euro circa per la mensa. Le tariffe restano sostanzialmente stabili a livello nazionale per gli asili nido, in leggera crescita per le mense scolastiche (+0,7% nell’infanzia, +1,4% nella primaria).

A pesare sono soprattutto le differenze sul territorio: per i nidi si va dai 100 euro al mese di Catanzaro ai 515 euro di Lecco, per la mensa scolastica dai 32 euro di Barletta ai 128 euro di Livorno. Il Sud, virtuoso sui costi, pecca però sulla disponibilità di posti all’asilo nido e sulla carenza del servizio di ristorazione scolastica, con una copertura sulla potenziale utenza dell’11,2% rispetto ad una media nazionale del 21,7%. In sette regioni del Sud e delle isole, più dei due terzi dei bambini non usufruisce del servizio mensa.

Sul ‘piacere’ di mangiare a scuola, permangono giudizi contrastanti da parte degli studenti: più di uno su due (57%) sostiene di farlo volentieri, ma solo il 14% gradisce tutti i cibi serviti, con verdure e pesce tra i pasti più rifiutati. La monotonia del cibo, le scarse porzioni e l’ambiente triste e disadorno sono tra i principali motivi per cui il 43% degli studenti non ama mangiare a scuola. Il 59% del cibo avanzato viene buttato.

Rette di asili nido e mense scolastiche, regioni e capoluoghi di provincia. È la Calabria, con 160 euro, la regione più economica a livello di tariffe mensili per il nido comunale nell’anno scolastico in corso. Maglia nera al Trentino Alto Adige, che con 472 euro al mese risulta essere la più costosa. In Sicilia si registra l’aumento più consistente, con un +4,6% rispetto al 2017-18, seguita dal +4% della Campania. La Liguria, invece, registra un calo (-5%). Fra i capoluoghi di provincia, Catanzaro è la più economica (100 euro), Lecco la più costosa (515 euro). Aumento record dell’80% ad Agrigento, mentre le rette diminuiscono a Ravenna (-20,5%), La Spezia (-18%), Bologna (-17,8%), Ferrara (-10%) ed Udine (-4,8%). Alle differenze di costi si affiancano differenze anche più rilevanti sulla disponibilità di posti nei nidi pubblici. La copertura media nazionale dei nidi sulla fascia di età 0-2 anni è del 21,7%, al Centro il primato positivo con una copertura del 30,2%, seguito da Nord Est (28,1%), Nord Ovest (24,2%), fanalino di coda Sud e isole all’11,2%. Nonostante l’aumento del 50% di posti disponibili nel 2016 (315.683) rispetto al 2008 (210.541), l’Italia è ancora lontana dall’obiettivo di copertura del 33% indicato dall’Unione europea; le uniche regioni a superare tale soglia sono la Valle D’Aosta, l’Umbria, l’Emilia Romagna e la Toscana. Il primato negativo va invece alla Campania e alla Calabria, dove non si raggiunge nemmeno la soglia del 10% di copertura della potenziale utenza.

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Si attesta invece intorno agli 82 euro la tariffa media nazionale per il servizio mensa nella scuola dell’infanzia o primaria. In entrambe si registra un aumento rispetto al 2017-18, dello 0,7% nel primo caso e dell’1,4% nel secondo. La mensa costa di più alle famiglie dell’Emilia Romagna che spendono mensilmente 104,10 euro. Nella scuola dell’infanzia le famiglie meno tartassate sono quelle sarde con una spesa media per la mensa di 64,70 euro e nella scuola primaria le pugliesi con 67,40 euro. L’aumento più rilevante (+11,5%) si registra nel servizio di ristorazione scolastica dell’Umbria, il maggior decremento invece in Sicilia (-7% per la mensa dell’infanzia e -2,7% per quella della primaria). Diminuisce il costo anche in Liguria (-3,2% in entrambi i cicli). Si confermano come città meno cara Barletta (32 euro mensili) e come più cara Livorno (128 euro).

Condizioni delle mense. L’indagine ha riguardato 51 scuole di 12 regioni (Abruzzo, Calabria, Campania, Lazio, Lombardia, Marche, Molise, Piemonte, Puglia, Sardegna, Sicilia e Umbria), con 598 intervistati fra bambini, docenti, genitori e rappresentanti della Commissione mensa.
Il 10% non dispone di un locale mensa e utilizza aule in cui si fa lezione o altre dedicate per far mangiare i bambini. Le mense monitorate sembrano in discreto stato dal punto di vista della sicurezza: solo il 4% ha distacchi di intonaco e l’8% altri segni di fatiscenza come umidità, infiltrazioni di acqua. Barriere agli ingressi nel 4% delle mense, pavimentazioni irregolari nell’8%, porte con apertura antipanico assenti nel 45%, destano però preoccupazione sia per bambini e adulti con disabilità motorie che per una eventuale evacuazione dai locali in caso di emergenza.
L’85% dei bambini ritiene che i locali siano abbastanza o molto puliti e luminosi, abbastanza o molto spaziosi per il 71% e sicuri per l’81%. Fra gli aspetti negativi segnalati dai bambini, l’80% ritiene che siano molto rumorosi, il 57% poco accoglienti e il 45% poco allegri. Secondo i piccoli utenti gli arredi lasciano a desiderare: il 37% dichiara, infatti, che non siano né adatti né confortevoli.

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Pro e contro la mensa. Il 57% dei bambini dichiara di mangiare a mensa con piacere, soprattutto perché può stare insieme ai compagni (90%). Fra quelli che non amano mangiare a scuola, il motivo per due bimbi su tre è la monotonia del cibo, per circa la metà la scarsità delle porzioni, per uno su quattro la fretta con cui bisogna mangiare e l’ambiente poco confortevole e colorato.
Un bambino e un docente su cinque conferma la presenza di alcuni compagni che portano il pasto da casa che viene consumato in un tavolo separato nella stessa mensa, o nell’aula in cui si fa lezione.

Quantità e qualità del cibo. Per due genitori su tre porzioni adeguate, ma solo poco più di uno studente su dieci mangia tutto. Solo il 14% dice di mangiare tutto a mensa, il 35% di mangiare solo alcuni cibi, in particolare dolci e gelato (77%), pizza (75%), carne (63%), frutta fresca (58%), pasta al pomodoro (50%). Fra i cibi meno graditi, verdure cotte e minestre (rifiutati da due terzi dei bambini), pesce (sgradito al 58%), pasta in bianco (44%).
Per l’81% dei genitori il menù è vario e rispetta la stagionalità dei prodotti. Rispetto alle quantità, il 65% ritiene che le porzioni siano equilibrate e l’83% che i propri figli mangino volentieri a mensa. più della metà (58%) non sa se a mensa vengono serviti prodotti biologici.

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Mensa sprecona. L’81% degli intervistati afferma che vengono usate tovaglie di carta per apparecchiare i tavoli della mensa, le stoviglie sono usa e getta nel 58% dei casi, l’acqua servita è quella di rubinetto nel 31%, nel 66% si beve acqua minerale. Sulla base delle risposte delle Commissioni mensa, emerge che i cibi avanzati vengono per lo più buttati (59%), oppure riproposti a merenda (soprattutto pane e frutta). Nel caso delle Commissioni mensa, la metà dei rappresentanti interessati conosce il capitolato d’appalto. I rapporti con il comune di riferimento sono buoni nel 74% dei casi, quelli con le aziende erogatrici nel 71%. Il servizio mensa è dato in appalto esterno in tre casi su quattro, per il restante quarto è comunale o autogestito. Per il 91% comprende solo il pranzo, per il 9% anche la merenda. Nel 60% dei casi esistono agevolazioni per le famiglie con difficoltà economiche. Gli altri sostengono che non ci sono agevolazioni (20%) o di non esserne a conoscenza (20%). (DIRE)

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