Il sistema criminale noto come Mondo di Mezzo rappresenta un’associazione mafiosa ben collaudata. E’ quanto scrivono i giudici della Corte d’Appello nelle motivazioni della sentenza dell’11 settembre con cui hanno riconosciuto il 416 bis all’organizzazione capeggiata dall’ex Nar Massimo Carminati e dal “ras delle Cooperative” Salvatore Buzzi.
“Ai fini della sussistenza della associazione mafiosa – scrivono i giudici – non è rilevante né il numero modesto delle vittime né il limitato contesto relazionale e territoriale. Carminati conferì forza di intimidazione e Buzzi conferì il collaudato sistema di corruttela e prevaricazione”.
Nel documento di 590 pagine i giudici della terza sezione della corte d’Appello scrivono che “elementi di fatto a conferma del carattere mafioso dell’associazione possono trarsi anche dalla protezione garantita ad imprenditori e dal successivo inserimento nella loro attività con un rapporto caratterizzato dalla gestione di affari in comune”.
Per quanto riguarda il carattere dell’omertà i giudici affermano che “nel settore della pubblica amministrazione nessuno, e nemmeno gli imprenditori che avevano rinunciato a gare di appalti, presentò atti di denuncia o manifestò dissenso. Questa condizione di assoggettamento e di omertà derivante dalla forza intimidatrice espressa dall’associazione emerse soltanto grazie alle intercettazioni telefoniche”.
“Carminati e Buzzi – scrivono ancora i giudici – ebbero contatti ed esercitarono pressione per le nomine e i posti chiave dell’amministrazione Capitolina avendo interesse alla elezione e alla collocazione di soggetti affidabili nei ruoli decisionali. Gli interventi per posizionare in ruoli strategici persone gradite sono significativi della forza prevaricatrice dell’associazione nei confronti dei pubblici amministratori, mentre l’eliminazione dei personaggi scomodi e non graditi è una forma di prevaricazione esercitata anche nei confronti degli imprenditori”.
Nelle motivazioni i magistrati scrivono che “Buzzi in alcune situazioni di contrasto o difficoltà chiese espressamente l’intervento di Carminati per la sua forza di convincimento riconosciuta all’esterno. Carminati si inseriva quindi nel mondo imprenditoriale quando l’attività corruttrice di Buzzi non era sufficiente assicurandogli la soluzione dei casi più difficili e rilevanti con una provvista di violenza e capacità criminali”.
Nella sentenza d’appello dello scorso settembre Carminati e Buzzi si sono visti ridurre le condanne ricevute in primo grado: per l’ex Nar la pena è passata da 20 anni a 14 anni e 6 mesi, mentre per il re delle cooperative da 19 anni a 18 anni e 4 mesi. La sentenza d’appello ha riconosciuto però l’aggravante dell’associazione mafiosa, che era caduta in primo grado.
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