La caccia al migrante va di moda: da "pacchia" a "invasione" un tono ansiogeno da anni
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La caccia al migrante va di moda: da "pacchia" a "invasione" un tono ansiogeno da anni

Presentato il sesto rapporto dell’associazione Carta di Roma, che analizza le prime pagine di 5 quotidiani e i Tg di 7 reti generaliste.

Migranti -immagine d'archivio
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11 Dicembre 2018 - 13.24


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Calano gli arrivi di immigrati in Italia, ma “l’informazione resta centrata sul tema con lo stesso tono ansiogeno da emergenza permanente che riproduce ormai da anni”. Così Valerio Cataldi, presidente dell’Associazione Carta di Roma, introduce i contenuti del sesto rapporto Carta di Roma 2018 “Notizie di chiusura”, uno studio che mette sotto la lente d’ingrandimento il modo con cui l’informazione affronta il tema dell’immigrazione. Sebbene nell’anno in corso siano diminuiti i titoli dedicati al tema e i toni allarmistici per quanto riguarda la carta stampata, nei telegiornali del prime time la visibilità dei fenomeni migratori e delle tematiche correlate mostra un incremento rispetto all’anno precedente. Tuttavia, a preoccupare è il racconto di una emergenza senza fine, alimentata da un lessico, prodotto molto spesso dal mondo politico, che non descrive la realtà in modo corretto. 

La prima parola che secondo Cataldi “ha aperto la strada al rifiuto senza precedenti delle autorità italiane di accogliere i naufraghi nei porti italiani”, è “pacchia”. “La introduce tra i termini in uso nel racconto delle migrazioni il neoministro dell’interno Matteo Salvini in piena campagna elettorale per le amministrative – spiega Cataldi -. È il 2 giugno, in una piazza di Vicenza, Salvini dice ‘per i clandestini la pacchia è strafinita’. Uno slogan, pura propaganda. Una frase che contiene ‘clandestini’, il vecchio termine preferito dagli spaventatori di professione per criminalizzare i migranti e la nuova parola ‘pacchia’ che la Treccani ci ricorda essere un “deverbale di pacchiare, mangiare con ingordigia, usato per indicare una condizione di vita facile e spensierata”. In una sola frase c’è il corredo completo della mistificazione e della distorsione della realtà che la politica produce costantemente quando parla di migranti. Questa distorsione è la cifra del 2018”.

L’altra parola che in questo 2018 ha creato una distorsione rispetto alla realtà è “invasione”, aggiunge il presidente dell’associazione Carta di Roma. “È la parola che serve a rafforzare la decisione di fermare l’immigrazione chiudendo i porti, ma questa parola con la realtà ha poco a che fare – spiega Cataldi -. E sono i numeri a dirlo: dall’inizio dell’anno gli arrivi sono diminuiti dell’80 per cento rispetto all’anno scorso, ma il rapporto elaborato dall’Osservatorio di Pavia che presentiamo in questo sesto rapporto annuale di Carta di Roma, ci dice che di fronte al drastico calo di arrivi, non diminuisce il numero dei titoli”. 

Cataldi punta il dito su quelli che chiama “spaventatori anziché giornalisti – aggiunge – perché fanno un mestiere che viola costantemente le regole base dell’informazione, le regole deontologiche e, soprattutto, la ricerca della verità sostanziale dei fatti”. Una distorsione dovuta anche “all’incattivimento costante” del linguaggio della politica che è riuscita a cancellare anche i progressi fatti con la visita del Papa a Lampedusa nel 2013, spiega Cataldo, quando i termini ansiogeni e criminalizzanti erano diminuiti. “Abbiamo assistito a trasmissioni televisive in cui politici parlavano di miliardi di africani pronti a partire – scrive Cataldi nell’introduzione -, quando neanche esistono miliardi di africani. Tutto questo avveniva in studi televisivi nei quali a quelle parole, a quei numeri così distanti dalla realtà non veniva posto un argine, non veniva chiesto un chiarimento. Parole come invasione sono lontanissime dalla realtà oggettiva. La percezione che abbiamo del fenomeno migratorio cambia gli umori, genera paura. E quella percezione è fondata sulla distorsione della realtà veicolata da parole come clandestino, come invasione”.

Anche per Ilvo Diamanti, docente dell’Università di Urbino, direttore scientifico di Demos&Pi, il tema è “al centro di uno scontro politico. E di valori. Che spinge sulla leva delle emozioni”. Anche per questo, spiega Diamanti, il tema risulta “meno frequente e frequentato sui giornali di carta – aggiunge -. Per suscitare emozioni, funziona molto meglio la televisione. Che, come ha rilevato l’Osservatorio di Demos-Coop nelle scorse settimane, continua ad essere il medium più seguito dagli italiani, per informarsi quotidianamente: 87 per cento”. Così, aggiunge Diamanti, “mentre nel corso degli ultimi mesi, sulle prime pagine dei giornali, l’immigrazione e i migranti hanno occupato uno spazio minore rispetto all’anno precedente, nei telegiornali e nei notiziari TV di prima serata sono divenuti un tema ricorrente”.

Ricerca della verità sostanziale dei fatti, uso corretto delle parole e obiettività dei numeri, spiega Cataldi, “sono il solo argine alla costruzione distorta della realtà che gli spaventatori ripetono ogni giorno. È una questione di dignità, di credibilità, di sopravvivenza del mestiere di giornalista”. Per questo, il presidente dell’associazione Carta di Roma chiede di avviare una “riflessione necessaria” inviando un appello ai direttori di giornali e telegiornali. “Le parole possono trasformare la realtà e la responsabilità è anche, e forse soprattutto, di chi scrive e riproduce quelle parole – conclude Cataldi -. Per questo abbiamo deciso di lanciare una campagna sull’uso corretto delle parole: cartoline contro i discorsi di odio, immagini e parole con il loro sorprendente significato reale che si scopre facilmente aprendo un dizionario e che ci mostra la differenza tra realtà e propaganda. Quelle cartoline le abbiamo inviate ai nostri garanti istituzionali. Un appello al buonsenso, all’uso corretto delle parole, ma anche un modo per chiedere rispetto dei principi antifascisti e antirazzisti scritti nella Costituzione”.

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