Il nuovo post di denuncia. Ilaria Cucchi torna così a confutare le perizie che attribuivano alla presunta anoressia di Stefano la causa della sua morte.
“Certo se mi avessero pestata violentissimamente spezzandomi la colonna vertebrale in due punti – continua il post – e provocandomi una commozione cerebrale avrei sicuramente smesso di stare bene”.
“Se poi ne fossi morta in ospedale dopo sei giorni, – incalza, – sono certa che qualunque medico legale avrebbe mandato in carcere i miei aggressori. Già. A meno che non fossero intervenuti con le loro ‘consulenze’ fatte in casa ma preveggenti i Generali Casarsa e Tomasone”.
Con la foto si torna alle dichiarazioni di qualche giorno faIl riferimento ai due vertici dell’Arma viene dunque riproposto ad alcuni giorni di distanza dall’ultima dichiarazione di Ilaria Cucchi a seguito della relazione segreta pre-autopsia in mano ai carabinieri spuntata nel corso del processo bis.
“Il 30 ottobre 2009 – aveva ricordato la sorella del giovane geometra morto ad una settimana dall’arresto per droga – i generali Casarsa e Tomasone hanno indicato la strada oppure sono stati dei veggenti. Ma evidentemente non è bastato a salvare i propri sottoposti dal nesso causale che è stato comunque riconosciuto anche dai periti del processo ‘sbagliato’ pendente in Corte d’assise d’appello, i quali hanno sostanzialmente affermato, anche sulla base della perizia Cattaneo, che Stefano Cucchi era già malato”.
“E questo quando è stato violentissimamente pestato – aveva aggiunto. – Tutto questo nonostante il fatto di non aver potuto prendere atto che aveva anche una frattura di L3, oltre al sacro, diversamente da quanto affermato” dai precedenti periti.
“Come famiglia non posso non denunciare la violenza che i normali cittadini sono spesso costretti a sopportare dalla violenza del ‘potere’. Noi sappiamo come stava Stefano, noi lo abbiamo vissuto e tutti i testimoni che lo hanno visto lo hanno detto. Ora andiamo avanti”. E comunque con buona pace di alcuni “i periti hanno escluso anche la morte per epilessia”, era stata la sua conclusione in quell’occasione.
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