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Casa d’autore, spazzolino da denti incluso: a Manhattan l’appartamento di Philip Roth è stato messo in vendita per 3,2 milioni di dollari e tutto è esattamente o quasi come lui l’aveva lasciato.
Roth non ha avuto figli e l’appartamento, a pochi passi dal Museo di Storia Naturale, è stato messo in vendita dagli eredi. Sono circa 150 metri quadri e tre balconi su West 79 Street: Roth, che divideva il suo tempo tra New York e la casa di campagna in Connecticut, ci ha abitato dal 2004 fino alla morte l’anno scorso a 85 anni.
Roth non ha avuto figli e l’appartamento, a pochi passi dal Museo di Storia Naturale, è stato messo in vendita dagli eredi. Sono circa 150 metri quadri e tre balconi su West 79 Street: Roth, che divideva il suo tempo tra New York e la casa di campagna in Connecticut, ci ha abitato dal 2004 fino alla morte l’anno scorso a 85 anni.
E anche se spazzolino e pantofole non sono compresi nel prezzo, per i potenziali acquirenti che fanno la fila con l’agenzia Brown Harris Stevens tutto è rimasto esattamente come un anno fa: le scarpe vicine al letto, i maglioni piegati nell’armadio, lo spazzolino sul lavandino del bagno, i libri sugli scaffali, su una delle scrivanie il Pulitzer vinto nel 1998 per “Pastorale Americana”.
C’è il computer Dell usato per anni e la macchina del fax (lo scrittore cominciò a usare l’email solo dopo aver annunciato che non avrebbe più dato un romanzo alle stampe).
La poltrona Eames in pelle nera consumata su cui amava leggere. Tra i pochi cimeli il cappello a cilindro indossato da Saul Bellow alla cerimonia del Nobel: premio che a Philip Roth fu sempre negato.
Libri e parte dei contenuti dall’appartamento finiranno alla Newark Public Library per espressa volontà dello scrittore, ma ad alcuni vicini la presenza degli oggetti personali del defunto ha fatto specie: “Se la sua casa adesso è sul mercato, la sua privacy non dovrebbe esserlo”, ha protestato sul Guardian Terena Bell che abita alla porta accanto.
“A Roth piaceva abitare nell’Upper West Side perché ci vivevano molti ebrei”, ha spiegato al Wall Street Journal il biografo Blake Bailey, mentre gli agenti immobiliari fanno la genesi della proprietà. Lo scrittore aveva inizialmente acquistato un monolocale nella stessa palazzina nel 1989, usandolo soltanto come ufficio dal momento che abitava a pochi isolati di distanza con la moglie Claire Bloom.
Dopo il divorzio da Claire, Roth lasciò New York e per molti anni si ritirò a vivere in Connecticut usando l’appartamento della 79/a strada come occasionale pied-a-terre.
Con il successo della “Trilogia Americana” (“Pastorale”, “Macchia Umana” e “Ho sposato un Comunista”), lo scrittore tornò a New York. Comprò l’appartamento adiacente allo studio e ne fece un’unica casa.
C’è il computer Dell usato per anni e la macchina del fax (lo scrittore cominciò a usare l’email solo dopo aver annunciato che non avrebbe più dato un romanzo alle stampe).
La poltrona Eames in pelle nera consumata su cui amava leggere. Tra i pochi cimeli il cappello a cilindro indossato da Saul Bellow alla cerimonia del Nobel: premio che a Philip Roth fu sempre negato.
Libri e parte dei contenuti dall’appartamento finiranno alla Newark Public Library per espressa volontà dello scrittore, ma ad alcuni vicini la presenza degli oggetti personali del defunto ha fatto specie: “Se la sua casa adesso è sul mercato, la sua privacy non dovrebbe esserlo”, ha protestato sul Guardian Terena Bell che abita alla porta accanto.
“A Roth piaceva abitare nell’Upper West Side perché ci vivevano molti ebrei”, ha spiegato al Wall Street Journal il biografo Blake Bailey, mentre gli agenti immobiliari fanno la genesi della proprietà. Lo scrittore aveva inizialmente acquistato un monolocale nella stessa palazzina nel 1989, usandolo soltanto come ufficio dal momento che abitava a pochi isolati di distanza con la moglie Claire Bloom.
Dopo il divorzio da Claire, Roth lasciò New York e per molti anni si ritirò a vivere in Connecticut usando l’appartamento della 79/a strada come occasionale pied-a-terre.
Con il successo della “Trilogia Americana” (“Pastorale”, “Macchia Umana” e “Ho sposato un Comunista”), lo scrittore tornò a New York. Comprò l’appartamento adiacente allo studio e ne fece un’unica casa.