Cosa può legare un ufficiale dei carabinieri, un sottufficiale dell’arma, un ex sindaco, un boss, anzi il boss dei boss? Quel che è accaduto a Castelvetrano e dintorni è nelle mani di bravi magistrati e altrettanto bravi investigatori, che hanno avuto l’amaro compito di mettere le manette a colleghi che – alla luce delle prime cose emerse – appaiono infedeli e pericolosi. Spetterà a loro scavare nella buca che si è aperta e che porta dritto a Matteo Messina Denaro. In attesa di fare i conti coi nuovi elementi, possiamo ipotizzare quel che può aver tenuto assieme la compagnia. Se in aggiunta si ricorda che lo strano ex sindaco, colto con in mano “pizzini” destinati a Messina Denaro, fu scagionato dal vertice del Sisde perchè presentato come un collaboratore dei Servizi, il quadro è più chiaro.
Vale ricordarlo, siamo a Castelvetrano, il regno di Matteo Messina Denaro, come si dice giornalisticamente. Definizione comunque azzeccata. Questo, più che un regno, è un impero. Territorio dove Matteo Messina Denaro impera su ogni espressione economica, finanziaria, e politica.
Qui la cronaca – anche recente – e la storia, di mafia e di crimini di ogni genere della mafia, gira e rigira ti porta all’armadio dove sono conservati cappucci e grembiulini. Da decenni, nella Sicilia di prima delle stragi e del dopo stragi, certe logge hanno continuato ad essere stanza di incontro di poteri e di aspettative di promozione sociale e politica. L’adesione giusta, per contatti giusti, magari anche pesanti, e tutto con buone possibilità di fare quattro gradini quando gli altri stentano a salirne uno. Ma l’appartenenza che paga comprende impegni, solidarietà. Se c’è un fratello potente come il Padreterno ed ha bisogno di un aiutino, si fa quel che si chiede di fare. C’è chi bussa per aderire, c’è chi per la funzione che occupa è utile da cercare, incoraggiare. E quando il legame si consolida con un favore, è legame indissolubile. La storia della mafia,e della difficile e contrastata lotta alla mafia, è la storia di questi intrecci.
Vedremo se solo ipotesi, se fantasie, se suggestioni. Nell’attesa, i protagonisti sembrano usciti dalla sceneggiatura di un film ambientato qui dove le cose sono accadute e tante altre si muovono, come sempre, sotto traccia. Un tenente colonnello e un sottufficiale con nomi che sembrano usciti da una puntata di Montalbano, come l’ex sindaco, pallino da biliardo che carambola tra uomini dei servizi, super boss e boss di paese. Sulla combriccola, l’ombra dei Servizi e chissà quali altri ombre. Lungo la strada, le indagini sulle stragi e quelle sulla trattativa Stato-mafia. Processi in corso e misteri che resistono. Il tempo passa per la Giustizia, implacabile. Sembra non passare per il mondo che alla giustizia si oppone. La mafia avrà una fine, diceva Falcone. Nell’attesa, una cosa sembra emergere da quest’ultima operazione a Castelvetrano: Matteo Messina Denaro è molto più vicino di quanto non sia stato pensato. Se questo vuol dire che è anche vicino alla cattura, questa è un’altra storia.
Mafia: come un inquietante film, dove il padrino è un identikit
La latitanza di Matteo Messina Denaro, le collusioni con pezzi dello Stato e della massoneria
Onofrio Dispenza Modifica articolo
16 Aprile 2019 - 15.15
ATF
Native
Articoli correlati