Pioggia di multe per i 700 neodiciottenni di Caltanissetta che hanno usato il bonus cultura da 500 euro, introdotto dal governo Renzi, per acquistare smartphone anziché libri. E’ quanto ha deciso la Cassazione, rilevando che anche loro sono “colpevoli”, come il commerciante “compiacente” che gli ha venduto merce estranea al bonus, in quanto “hanno legittimamente ricevuto” il voucher ma lo hanno “illecitamente speso”.
I giovani dovranno pagare una sanzione amministrativa che, in base al codice penale, varia da 5.164 euro a 25.882 euro se “la somma indebitamente percepita” non supera i 4.000 euro.
Peggio è andata al titolare della società nissena che aveva venduto soprattutto telefonini, ma anche hardware e pc ai neodiciottenni assetati di elettronica e social: il commerciante rischia il carcere o, nella migliore delle ipotesi anche se caro gli costerà, di pagare una multa per ogni singolo incasso di uno o più bonus.
Al commerciante, la guardia di finanza, che aveva scoperto il raggiro – il reato è quello di “indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato” -, ha infatti sequestrato beni mobili e immobili, con ordine alle banche di sequestrare qualunque somma dovesse pervenire sui suoi conti fino a raggiungere la somma di 317mila euro, pari ai bonus incamerati.
Contro questo provvedimento confermato dal Tribunale del riesame di Caltanissetta il 27 dicembre, la difesa del titolare del negozio ha protestato in Cassazione sostenendo che occorre accertare se l’indagato riscosse “in un unico momento” una somma superiore a 4mila euro, e in tal caso “il superamento della soglia quantitativa, oltre la quale l’illecito amministrativo integra il reato, non configura una condizione obiettiva di punibilità, ma un elemento costitutivo del reato”, con annesso rischio di condanna alla reclusione da sei mesi a tre anni.
Altrimenti, se il commerciante ha ottenuto le erogazioni pubbliche in più “rate”, inferiori ciascuna alla soglia dei 4mila euro, allora dovrà pagare più multe “perché l’assommarsi di una serie di illeciti amministrativi” non può comunque “tradursi nella commissione di un illecito penale”. Ora il Tribunale nisseno dovrà verificare bene in che modo l’uomo ottenne i soldi pubblici, se in una o più soluzioni e di quale entità.
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