Le foto del primo weekend di luglio sul litorale della Bassona mostrano i 450 metri oggi riservati ai naturisti, che frequentano l’area dagli anni ‘70, affollatissimi, in palese overbooking. Come racconta su Repubblica Bologna Luca Bortolotti: accanto, 400 metri di spiaggia libera (per chi il costume lo indossa) con la presenza di solo qualche ombrellone qua e là.
“L’area naturista va ampliata, si è costretti a stare pressati in pochi metri come sardine, lontani dai servizi igienici che un turista dovrebbe avere a immediata disposizione”, denuncia Fidenzio Laghi, ex presidente Associazione nudista emiliano romagnola. Una lunga battaglia, quella che combatte dall’86 per la zona nudisti della Bassona, tra ordinanze di chiusura, riaperture, allargamenti e nuovi ridimensionamenti, in un vuoto legislativo che si protrae da un, travagliato, decennio.
E dire che nei tempi d’oro la Bassona è arrivata ad ospitare anche tremila turisti l’anno, con le amministrazioni a chiudere un occhio sui vuoti legislativi in nome dell’indotto che i naturisti una volta reindossati i vestiti portano in bar, ristoranti, alberghi. Nel 2012 il momento più critico, la crociata dell’allora sindaco Pd Matteucci per rimettere il costume ai bagnanti di Lido di Dante, sfrattando i nudisti dalla Riviera e incaricando la Forestale di sanzionare chi girasse “con gli organi genitali ben in vista”, da definizione di verbale.
Le sentenze hanno però sempre dato ragione a chi, multato, ha fatto ricorso, e girare con quegli specifici organi in vista è di nuovo tollerato. Ma ancora oggi senza un’ordinanza che lo riconosca ufficialmente, e adattandosi a star gomito a gomito coi vicini d’ombrellone.