Le indagini sulla morte di Imane Fadil, una delle testimoni chiavi del Processo Ruby, si avviano a conclusione: i pm di Milano Tiziana Siciliano, Antonia Pavan e Luca Gaio hanno infatti chiesto oggi l’archiviazione del caso, dato che – sostengono – c’è “la certezza” che la ragazza sia morta a causa di un’aplasia midollare, una malattia estremamente rara di cui sono ancora ignote le cause, ma che sicuramente non è stata indotta avvelenamento da radiazioni, dato che non ve ne sono trovate tracce.
A far aprire il caso era stato proprio un audio di Fadil, rilasciato dal suo letto d’ospedale qualche giorno prima di morire, in cui lei stessa sosteneva che era stata avvelenata e che “volevano farla fuori”.
Gli esperti hanno parlato di scelte terapeutiche non coerenti alla diagnosi di aplasia che venne fatta all’ospedale Humanitas, ma escludono colpe mediche. Ma la famiglia della 34enne non è d’accordo: l’avvocato Mirko Mazzali ha infatti spiegato che “già da queste conclusioni, che saranno valutate dai nostri consulenti, emerge che le scelte terapeutiche non sono state consone con la diagnosi fatta”. E questo lascerebbe spazio a “valutazioni future”. La strada, per l’avvocato Mazzali, “non è quella di un avvelenamento ma di eventuali responsabilità di chi l’ha avuta in cura”.
Imane Fadil, chiesta l'archiviazione per la morte della testimone chiave del processo Ruby
Secondo i pm di Milano, la ragazza è morta per una malattia rara, l'aplasia midollare, e non per avvelenamento. Ci sarebbero "prove certe".
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18 Settembre 2019 - 13.59
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