“Purtroppo dobbiamo abituarci a notizie come queste che arrivano dal ghiacciaio Planpincieux sul Monte Bianco. Già nel corso dell’estate altri ghiacciai sommitali avevano dato segnali di cedimento e avevano dato luogo a eventi insoliti”. Lo ha detto all’AGI Fabrizio De Blasi, ricercatore dell’Istituto Scienze Polari del Consiglio Nazionale delle Ricerche che insieme ad altri ricercatori dell’Università Ca’ Foscari di Venezia studia la storia e l’evoluzione dei ghiacciai italiani con il progetto Ice Memory.
“Non è assolutamente normale – ha osservato – che quantità così importanti di ghiaccio, si parla di almeno 250 mila metri cubi, si muovano a quella velocità (50-60 centimetri al giorno). Il sindaco ha fatto bene a prendere questa misura preventiva” ha spiegato De Blasi. Il rischio concreto è quello di un distacco di una massa considerevole di ghiaccio, favorito anche dalla ripidità delle pareti del ghiacciaio.
“In questo periodo dell’anno – ha sottolineato ancora De Blasi – siamo abituati a misurare ritiri dei fronti dei ghiacciai, invece in questo caso stiamo verificando un avanzamento che però non è legato a precipitazioni nevose abbondanti” come invece avviene normalmente anche se a velocità molto più ridotte dell’ordine di uno e due centimetri al giorno. Il caso del ghiacciaio valdostano non e’ l’unico a destare preoccupazione.
“Sono diversi i ghiacciai tenuti sotto osservazione perché potrebbe subire crolli improvvisi” ha evidenziato. Come quello che si è verificato a luglio di quest’anno sullo Zermatt dove il crollo di un pezzo di ghiacciaio ha causato la liberazione di una grande quantità d’acqua che è poi scesa a valle causando un’alluvione.
È l’effetto del caldo insolito che si è registrato nel corso dell’estate anche a quote molto elevate. “In quel periodo sul Monte Rosa a 4500 metri di quota avevamo registrato 10 gradi centigradi alle otto di sera – ha risposto – è una temperatura talmente insolita che sciolse una grande quantità d’acqua in un ghiacciaio del Monte Bianco che formò un vero e proprio lago all’interno di una conca valliva dove invece normalmente c’era un nevaio molto grande”.