Oggi gli eredi del fascismo e del razzismo antisemita stanno rialzando la testa. Grazie a un vento xenofobo che spira da anni e – per quanto riguarda l’Italia – grazie a una destra che non ha mai accettato la Costituzione democratica e antifascista e nata dalla Resistenza e ai nuovi estremisti dei destra e ai loro alleati populisti che chiamano Cambiamento la marea nera razzista, omofobi, sessista e oscurantista che sta attraversando l’Italia.
Ma il 6 ottobre del 1938 è una data tragicamente importante: la persecuzione degli ebrei in Italia per legge ha una data d’inizio ufficiale: 6 ottobre 1938. Ottant’anni fa il Gran consiglio del fascismo emette la ‘Dichiarazione sulla razza’ – che viene successivamente adottata dallo Stato italiano con un regio decreto legge il 17 novembre 1938 – dove “dichiara l’attualità urgente dei problemi razziali e la necessità di una coscienza razziale. Ricorda che il Fascismo ha svolto da sedici anni e svolge un’attività positiva, diretta al miglioramento quantitativo e qualitativo della razza italiana, miglioramento che potrebbe essere gravemente compromesso, con conseguenze politiche incalcolabili, da incroci e imbastardimenti. Il problema ebraico non è che l’aspetto metropolitano di un problema di carattere generale”, scrive il Gran consiglio.
Giunge così alle sue tragiche e infami conclusioni la campagna antisemita iniziata con il famigerato ‘Manifesto della razza’, pubblicato originariamente in forma anonima sul ‘Giornale d’Italia’ il 15 luglio 1938 col titolo ‘Il Fascismo e i problemi della razza’, quindi ripubblicato sul numero uno della rivista ‘La difesa della razza’ il 5 agosto firmato da 10 scienziati. Il 5 settembre, poi, la prima delle cosiddette leggi razziali col primo decreto che fissava “Provvedimenti per la difesa della razza nella scuola fascista” mentre è di due giorni dopo, il 7 settembre, il testo che fissava “Provvedimenti nei confronti degli ebrei stranieri”.
Il 6 ottobre 1938 il Gran consiglio stabilisce i criteri per cui una persona si può considerare di razza ebraica (nel 1939 fu introdotta con un’integrazione la figura del cosiddetto ‘ebreo arianizzato’ verso il quale le leggi razziali furono applicate con alcune deroghe e limitazioni): è di razza ebraica colui che nasce da genitori entrambi ebrei; colui che nasce da padre ebreo e da madre di nazionalità straniera; colui che, pur essendo nato da un matrimonio misto, professa la religione ebraica; non è considerato di razza ebraica colui che è nato da un matrimonio misto, qualora professi altra religione all’ infuori della ebraica, alla data del 1 ottobre 1938 (anno XVI dell’era fascista).
Nella ‘Dichiarazione sulla razza’ il Gran consiglio del fascismo “stabilisce: a) il divieto di matrimoni di italiani e italiane con elementi appartenenti alle razze camita, semita e altre razze non ariane; b) il divieto per i dipendenti dello Stato e da Enti pubblici – personale civile e militare – di contrarre matrimonio con donne straniere di qualsiasi razza; c) il matrimonio di italiani e italiane con stranieri, anche di razze ariane, dovrà avere il preventivo consenso del Ministero dell’Interno; d) dovranno essere rafforzate le misure contro chi attenta al prestigio della razza nei territori dell’Impero”.
Nel testo si giustificano le misure razziste nel seguente modo: si “ricorda che l’ebraismo mondiale – specie dopo l’abolizione della massoneria – è stato l’animatore dell’antifascismo in tutti i campi e che l’ebraismo estero o italiano fuoruscito è stato – in taluni periodi culminanti come nel 1924-25 e durante la guerra etiopica – unanimemente ostile al Fascismo. L’immigrazione di elementi stranieri – accentuatasi fortemente dal 1933 in poi – ha peggiorato lo stato d’animo degli ebrei italiani nei confronti del Regime, non accettato sinceramente, poiché antitetico a quella che è la psicologia, la politica, l’internazionalismo d’Israele. Tutte le forze antifasciste fanno capo ad elementi ebrei; l’ebraismo mondiale è, in Spagna, dalla parte dei bolscevichi di Barcellona. Il divieto d’entrata e l’espulsione degli ebrei stranieri. Il Gran Consiglio del Fascismo ritiene che la legge concernente il divieto d’ingresso nel Regno degli ebrei stranieri, non poteva più oltre essere ritardata, e che l’espulsione degli indesiderabili – secondo il termine messo in voga e applicato dalle grandi democrazie – è indispensabile”.
Dal 6 ottobre 1938 per tutti gli ebrei italiani vengono stabilite una serie di limitazioni personali e professionali, anche se alcune categorie vengono trattate diversamente. Come sui legge nella ‘Dichiarazione sulla razza’, infatti, “nessuna discriminazione sarà applicata – escluso in ogni caso l’insegnamento nelle scuole di ogni ordine e grado – nei confronti di ebrei di cittadinanza italiana – quando non abbiano per altri motivi demeritato – i quali appartengano a:
1) famiglie di Caduti nelle quattro guerre sostenute dall’Italia in questo secolo: libica, mondiale, etiopica, spagnola;
2) famiglie dei volontari di guerra nelle guerre libica, mondiale, etiopica, spagnola;
3) famiglie di combattenti delle guerre libica, mondiale, etiopica, spagnola, insigniti della croce al merito di guerra;
4) famiglie dei Caduti per la Causa fascista;
5) famiglie dei mutilati, invalidi, feriti della Causa fascista;
6) famiglie dei Fascisti iscritti al Partito negli anni ’19-20-21-22 e nel secondo semestre del ’24 e famiglie di legionari fiumani; 7) famiglie aventi eccezionali benemerenze che saranno accertate da apposita commissione”.
Spogliati di tutto
Per tutti gli altri, però, le discriminazioni sono tante e l’atto infame è compiuto in maniera definitiva: gli ebrei “non potranno: a) essere iscritti al Partito Nazionale Fascista; b) essere possessori o dirigenti di aziende di qualsiasi natura che impieghino cento o più persone; c) essere possessori di oltre cinquanta ettari di terreno; d) prestare servizio militare in pace e in guerra. L’esercizio delle professioni sarà oggetto di ulteriori provvedimenti. Il Gran Consiglio del Fascismo decide inoltre:
1) che agli ebrei allontanati dagli impieghi pubblici sia riconosciuto il normale diritto di pensione;
2) che ogni forma di pressione sugli ebrei, per ottenere abiure, sia rigorosamente repressa;
3) che nulla si innovi per quanto riguarda il libero esercizio del culto e l’attività delle comunità ebraiche secondo le leggi vigenti;
4) che, insieme alle scuole elementari, si consenta l’istituzione di scuole medie per ebrei”.
Inoltre il Gran consiglio decide che non saranno espulsi gli ebrei stranieri over 65 anni e chi ha contratto un “matrimonio misto italiano” prima del 1 ottobre 1938.
“Vadano in Etiopia”
Nella ‘Dichiarazione sulla razza’ viene anche affrontato un capitolo che riguarda l’immigrazione di ebrei in Etiopia. “Il Gran Consiglio del Fascismo non esclude la possibilità di concedere – si legge nel testo – anche per deviare la immigrazione ebraica dalla Palestina, una controllata immigrazione di ebrei europei in qualche zona dell’Etiopia”. Infine il Gran consiglio “prende atto con soddisfazione che il Ministro dell’Educazione Nazionale ha istituito cattedre di studi sulla razza nelle principali Università del Regno”.
Un Paese ufficialmente razzista
Il 6 ottobre 1938 è una data che fa da spartiacque, prima e dopo. L’Italia civile e quella razzista. In quella data, infatti, il Gran consiglio del fascismo, rivolgendosi nelle considerazioni finali alle camice nere, “mentre nota che il complesso dei problemi razziali ha suscitato un interesse eccezionale nel popolo italiano, annuncia ai Fascisti che le direttive del Partito in materia sono da considerarsi fondamentali e impegnative per tutti e che alle direttive del Gran Consiglio devono ispirarsi le leggi che saranno sollecitamente preparate dai singoli Ministri”. L’Italia è ufficialmente razzista.
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