“Sono stati anni di trincea. Ora avremo un po’ di pace: conforta”. Giovanni Cucchi ieri ha atteso per una giornata che pareva interminabile la sentenza di primo grado sulla morte di suo figlio Stefano. Tornato a casa, dopo che Raffaele D’Alessandro e Alessio Di Bernardo sono stati condannati a 12 anni di carcere per omicidio preterintenzionale, racconta al Corriere le sue emozioni. E ripensa a quella battaglia durata 10 anni, volta a dimostrare che il figlio era stato ucciso. Adesso che la verità è stata messa nero su bianco dice:
Possiamo cominciare a credere nella giustizia.
Il primo processo sul caso Cucchi si concluse con l’assoluzione dei medici. Da allora un lungo calvario:
Ricordo l’invito del presidente del Senato Pietro Grasso. Disse: “Chi sa parli”. Iniziò con una piccola crepa, poi la crepa si allargò. E oggi..”
Dopo il caos verrà il silenzio e, dice Giovanni, sarà come avere ritrovarsi con il figlio:
Finora abbiamo dovuto combattere e siamo sempre stati circondati da gente: ci sono stati i media che hanno svolto un ruolo importante, ma quando calerà questo caos allora mi troverò, ci troveremo soli con Stefano.
Poi i ringraziamenti. Alla procura di Roma, in particolare a Giuseppe Pignatone e a Giovanni Musarò. E a Luigi Manconi, che li ha sostenuti e che anche ieri era lì, accanto a loro, mentre il giudice pronunciava il dispositivo.