In vista dell’uscita del libro “Dal profondo del nostro cuore”, pubblicato il 15 gennaio dalla casa editrice francese Fayard, il quotidiano parigino Le Figaro ha diffuso il 12 gennaio uno stralcio attribuito al Papa emerito Joseph Ratzinger che tratta del celibato dei preti. In particolare Ratzinger, co-autore del libro insieme al cardinale Robert Sarah, ha scritto: “Personalmente penso che il celibato sia un dono per la Chiesa e non sono d’accordo a permettere il celibato opzionale”.
In seguito alle polemiche causate da questa anticipazione, il segretario privato di Ratzinger, l’arcivescovo Georg Gaenswein, ha fatto sapere che nelle prossime edizioni del libro il nome e l’immagine del Papa emerito verranno tolte dalla copertina, e la dicitura dell’autore sarà «il cardinale Sarah, con il contributo di Benedetto XVI». Il testo del libro tuttavia rimarrà invariato.
La presa di posizione di Ratzinger è collegata all’auspicio, espresso a fine ottobre 2019, dal Sinodo per la regione amazzonica di poter ordinare sacerdoti anche uomini sposati. L’obiettivo, in particolare, è «sostenere la vita della comunità cristiana attraverso la Parola e la celebrazione dei sacramenti nelle zone più remote della regione amazzonica», dove spesso servono mesi se non anni perché un sacerdote possa tornare per impartire i sacramenti.
Ma al di là della polemica, quali confessioni prevedono il celibato e quali no per i sacerdoti? Andiamo a vedere qual è la situazione nel cristianesimo e nelle altre religioni del Libro (ebraismo e islam).
Chiesa cattolica
Nella chiesa cattolica è oggi previsto l’obbligo di celibato per i sacerdoti, ma non è sempre stato così.
Come risulta dalla lettera enciclica di Papa Paolo VI Sacerdotalis caelibatus del 1965, «il nuovo testamento (…) non esige il celibato dei ministri sacri, ma lo propone piuttosto come libera obbedienza ad una speciale vocazione o ad uno speciale carisma. Gesù stesso non ha posto questa pregiudiziale nella scelta dei dodici, come anche gli apostoli per coloro i quali venivano preposti alle prime comunità cristiane».
L’origine del celibato non sono dunque i testi sacri ma le decisioni successive della chiesa, in particolare a partire dal IV secolo quando – spiega l’enciclica di Paolo VI – «la chiesa d’occidente (…) mediante l’intervento di vari concili provinciali e dei sommi pontefici, corroborò, estese e sanzionò questa pratica».
Nei secoli successivi il celibato, difeso soprattutto dai «supremi Pastori e maestri della chiesa di Dio, custodi e interpreti del patrimonio della fede e dei santi costumi cristiani», non fu comunque imposto «per legge» almeno fino al XVI secolo.
Allora, in occasione del concilio ecumenico di Trento del 1545-1563 e in opposizione alle tesi protestanti, «l’obbligo del celibato fu solennemente sancito (…) e inserito infine nel codice di diritto canonico».
Nel codice di diritto canonico oggi in vigore, in effetti, al canone 277 si legge: «I chierici sono tenuti all’obbligo di osservare la continenza perfetta e perpetua per il regno dei cieli, perciò sono vincolati al celibato, che è un dono particolare di Dio mediante il quale i ministri sacri possono aderire più facilmente a Cristo con cuore indiviso e sono messi in grado di dedicarsi più liberamente al servizio di Dio e degli uomini».
Chiesa ortodossa
Nella chiesa ortodossa il celibato, in generale, è imposto ai vescovi ma non ai sacerdoti. La questione merita però qualche ulteriore precisazione.
Come spiega il sito ufficiale della chiesa ortodossa ucraina, arcidiocesi di Palermo e di tutta Italia, «fin dai tempi apostolici, la Chiesa ha chiamato al servizio ministeriale, oltre ai celibi, anche gli uomini sposati. Quando la disciplina del matrimonio fu fissata nei concili di Ancira (314), Nicea (325), Gangra (c. 350) e nel concilio Trullano del 692, fu rispettata questa tradizione, con la riserva di scegliere i vescovi tra gli uomini che avessero pronunciato i voti monastici (in questi casi, se l’eletto all’episcopato era sposato, il matrimonio veniva sospeso, ed entrambi i coniugi entravano nella vita monastica). Non era invece ammesso un matrimonio dopo l’ordinazione, e se un membro del clero rimasto vedovo desiderava risposarsi, doveva accettare la riduzione allo stato laicale».
Quindi, in sintesi, un uomo sposato (solo una volta e con una donna non divorziata) può essere nominato sacerdote. Non può invece sposarsi dopo essere stato ordinato. Un uomo sposato non può essere nominato vescovo: prima è necessario sospendere l’eventuale matrimonio in atto e pronunciare i voti monastici.
Chiesa protestante
Nella chiesa protestante luterana i preti possono sposarsi e, visto che il matrimonio non è considerato un sacramento, possono anche divorziare.
L’origine del rifiuto del celibato è nelle parole dello stesso Martin Lutero, in particolare nella sua lettera “Alla nobiltà cristiana della nazione tedesca” del 1520. Qui si legge infatti che «i sacerdoti non dovrebbero essere obbligati a vivere senza una moglie legittima, ma dovrebbe essere loro consentito di averne una».
Anche le chiese battista, metodista e valdese rifiutano il celibato.
Ebraismo
Veniamo ora alle altre religioni del Libro e partiamo da quella più antica, l’ebraismo. Qui il celibato e il nubilato sono, a livello generale, fortemente sconsigliati per qualsiasi essere umano.
Come ha spiegato nel 2001 l’allora rabbino maggiore della comunità ebraica di Roma Rav Elio Toaff , in un articolo sul portale di cultura ebraica www.e-brei.net, «l’ebraismo considera precetto fondamentale il matrimonio basandosi sul ricordo biblico della creazione del primo uomo (…) diceva Rabbi Elazar [importante rabbino del II secolo d.C. n.d.r.]: “Non è un uomo colui che non abbia moglie”».
I rabbini, che sono studiosi dei testi sacri incaricati di impartire istruzioni ai fedeli su come comportarsi in questioni di halakà (legge ebraica) e di partecipare al beth din (tribunale rabbinico), possono dunque sposarsi liberamente. Ad esempio David Baruch Lau, rabbino capo ashkenazita d’Israele, è sposato, così come Yitzhak Yosef, rabbino capo sefardita d’Israele (e che è anche divorziato).
Islam
Anche nella più recente delle tre religioni del Libro, l’islam, ai sacerdoti (imam) è consentito sposarsi e, come nell’ebraismo, il celibato e il nubilato sono generalmente mal visti.
Il sito web del centro islamico di Milano e Lombardia, per esempio, riporta diversi passaggi del Corano e degli insegnamenti degli imam più autorevoli che sottolineano l’importanza del matrimonio e condannano il celibato.
L’ayatollah Ruhollah Khomeyni, clerico sciita e leader della rivoluzione islamica in Iran, ad esempio era sposato, così com’è sposato Saud Al-Shuraim, imam sunnita della grande moschea della Mecca.
Il celibato per i ministri di culto è tipico della religione cristiano-cattolica. Non deriva dai testi sacri ma dalle decisioni prese dalla Chiesa nel corso dei secoli. L’obbligo del celibato, in particolare, è stato ufficialmente sancito solo nel XVI secolo, con il concilio di Trento.
Nel cristianesimo ortodosso è presente una forma più blanda di celibato (non ci si può sposare dopo che si è diventati sacerdoti e comunque i vescovi non possono essere sposati) mentre nelle principali correnti del protestantesimo non è prevista alcuna forma di celibato per i pastori, anzi è consentito anche il divorzio.
Le altre due religioni del Libro, ebraismo e islam, hanno una visione negativa del celibato in generale e i loro ministri di culto (rabbini e imam) sono quindi liberi di – e anzi invitati a – sposarsi.