Basta le sceneggiate per diffamare un’intera comunità. Il Pilastro si ribella. Dopo lo show elettorale di Matteo Salvini che ha citofonato a casa di un tunisino (“Lei spaccia?”) il rione si ribella. Anche se il leader della Lega tira dritto: “Ci tornerò”. I cittadini hanno convocato per venerdì 24 alle 18 una manifestazione pacifica dedicata a “Chi ama il Pilastro”. L’appuntamento è davanti alla biblioteca Spina, nel parco intitolato ai carabinieri uccisi dalla Uno Bianca. “Cerchiamo di essere tanti senza sigle di partito nè slogan contro qualcuno. Solo persone che vogliono democrazia e vivibilità”, l’invito.
“Vivo al pilastro dal maggio 1966, sono stato uno delle prime 411 famiglie a venire a vivere nelle case popolari appena costruite” racconta Oscar De Pauli, tra le altre – tante – cose, primo presidente dello storico circolo La Fattoria, dove ancora oggi fa il volontario a tempo pieno. E’ una delle voci indignate. “Inizialmente, qui abitavano solo persone dei ceti più bassi, soprattutto immigrati, dalle montagne, dalle campagne, dai paesi limitrofi. Negli anni si è passati all’immigrazione dal sud Italia e anche di origine straniera. Grazie a una variante del piano urbanistico, l’amministrazione ha cominciato a promuovere anche l’accesso al ceto medio, tra insegnanti, artigiani, professionisti”.
Tra gli abitanti del Pilastro c’è anche Claudia Boattini, tra gli animatori del blog “Pilastro Bologna” nato all’interno di Pilastro 2016: “Insieme garantiamo l’informazione delle attività svolte da associazioni e comunità, facendo conoscere la storia e le curiosità di questo territorio, raccontando chi abita e lavora al Pilastro, raccogliendo foto, poesie e racconti di chi ha voluto collaborare con noi”, si legge online. “Qui al Pilastro si vive piuttosto bene- racconta Boattini-. Mio figlio sta cercando casa, si era trasferito in campagna ma ora vuole tornare. Personalmente, ritengo si viva molto meglio che nel centro storico. Sono sola da molti anni, di sera esco sola, non ho paura e non mi è mai successo nulla”.
Salvini avrebbe solo dovuto scusarsi “per quello che non ha fatto quando era al governo”, commenta il presidente del quartiere San Donato-San Vitale, Simone Borsari: “Non ha inviato gli agenti di polizia sul nostro territorio quando gli venivano chiesti; non ha modificato la legge che scarcera i piccoli spacciatori poco dopo il loro arresto; è corresponsabile del congelamento delle risorse del bando periferie che se fossero arrivate senza quel colpevole ritardo, avrebbero permesso di costruire la stazione dei carabinieri già da tempo”. Invece, salvini “con le sue spacconate non solo ha gravemente violato la privacy di alcune persone (e la riservatezza delle eventuali indagini che fossero in corso su segnalazioni fatte da tempo), ma sta esponendo anche a gravi rischi le persone che gli hanno riferito certe situazioni”, scrive Borsari. Quelli compiuti ieri “sono atti gravissimi, tanto più se si pensa che sono avvenuti ad opera di un ex ministro della Repubblica, peraltro alla presenza di pubblici ufficiali”, continua il presidente, sottolineando che il leghista se n’è andato “senza neanche degnare di un omaggio il cippo, distante poche decine di metri, dei carabinieri trucidati dalla banda della Uno Bianca”.
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