Tutti corrotti quindi nessuno condannabile: la difesa di Craxi era roba da Medioevo
Top

Tutti corrotti quindi nessuno condannabile: la difesa di Craxi era roba da Medioevo

L'ex leader socialista si riteneva ingiustamente condannato ma la sua fuga è stata uno strappo drammatico, che ha contribuito alla ulteriore corruzione della vita pubblica della Seconda Repubblica

Bettino Craxi
Bettino Craxi
Preroll

Antonio Rinaldis Modifica articolo

30 Gennaio 2020 - 18.27


ATF

Il giudizio politico su Craxi non può prescindere dalle vicende giudiziarie che ne hanno determinato la caduta. Tra l’estate del 1992 e l’aprile del 1993 Craxi tiene due discorsi davanti ai suoi colleghi parlamentari, che riassumono le tesi centrali della sua autodifesa, che tuttavia non saranno sufficienti per sottrarlo alla ridda di avvisi di garanzia che gli verranno recapitati dal pool di Mani Pulite. Nel primo discorso, tenuto il 3 luglio del 1992, Craxi si difende dalle accuse rivolgendo una sfida all’intero Parlamento e alle forze politiche presenti, chiedendo un vero e proprio giuramento che garantisse la correttezza e la pulizia morale dei partiti e dei loro rappresentanti. Il discorso voleva rimarcare la differenza fra corruzione e finanziamenti illeciti alla politica, senza i quali, a giudizio di Craxi, la complessa macchina organizzativa e propagandistica dei partiti non avrebbe avuto alcuna possibilità di reggersi. Si trattava in buona sostanza di una chiamata di correità che coinvolgeva tutti i partiti e che avrebbe dovuto quindi scagionare il Partito Socialista e i suoi dirigenti, dal momento che il finanziamento illecito era una pratica diffusa e trasversale. Il secondo discorso, che fu anche l’ultimo della sua carriera politica pubblica, Craxi lo tiene il giorno dell’insediamento del governo Ciampi, il 29 aprile del 1993, ed è una riaffermazione delle tesi già in precedenza sostenute: di fronte all’evidenza delle prove che inchiodavano i dirigenti socialisti e lui stesso, Bettino Craxi non può naturalmente proclamarsi innocente, ma sceglie di coinvolgere l’intero sistema della Prima Repubblica nella pratica delle tangenti, distinguendo ancora una volta la corruzione per interesse personale, per arricchimento privato, dalla corruzione per motivi politici, con lo scopo di finanziare l’attività dei partiti. Prima di entrare nel merito della questione posta dai discorsi, e per completezza di informazione occorre ricordare che la linea di difensiva di Craxi non corrispondeva perfettamente alla verità dei fatti, dal momento che le indagini avrebbero accertato che non tutti il denaro delle tangenti era finito nelle casse del Partito Socialista, e che una somma pari a circa 50 miliardi di lire venne utilizzata per motivi personali, come ad esempio il finanziamento di una televisione privata, la GBR, di proprietà di una sua amica, Anja Pieroni e l’acquisto di immobili.
Come tutti sanno, nel mese di maggio del 1993, quando era oramai dato per imminente il suo arresto Craxi decide di scegliere la via della fuga e si rifugia in Tunisia, dove morirà il 19 gennaio del 2000.
Per la complessità della sua azione e per l’influenza che la personalità di Craxi sulla politica italiana occorrerebbero riflessioni articolate e complesse. In questo contesto e anche per le ripercussioni che le parole di Craxi hanno avuto, si è scelto di affrontare il nodo dei rapporti fra morale e politica, che investe la responsabilità del singolo cittadino nei confronti della giustizia e delle leggi dello Stato nel quale ha scelto di vivere. L’autodifesa di Craxi, oltre che ricercare una sorta di chiamata in correità, che avrebbe voluto significare in sintesi che se tutti erano corrotti, e si sapeva che tutti lo erano, allora nessuno sarebbe stato condannabile, perché quello che veniva considerato un reato, il finanziamento illecito dei partiti, era di fatto una pratica consolidata, una consuetudine, che come nel Medioevo aveva la forza di legge. Ma la differenza fra il Medioevo e l’età moderna consiste proprio in questo, che non è sufficiente la continuità di un’azione affinché abbia dignità di legge, perché la fonte del diritto è la volontà sovrana dello Stato, sia esso rappresentato da un Monarca o da un’assemblea democratica. Il secondo argomento utilizzato da Craxi era la legittimità del finanziamento illecito per fronteggiare i costi crescenti della politica e dei partiti, soprattutto nel caso del Partito Socialista che negli anni ’80 e ’90 doveva fronteggiare i due grandi partiti di massa, quali la Democrazia Cristiana e il Partito Comunista, divenuto poi Partito Democratico della Sinistra, dopo il crollo del muro di Berlino. Il progetto craxiano di porre il Partito Socialista al centro della scena politica necessitava di risorse anche economiche, che il Partito non aveva, anche a causa dello scarso peso elettorale, e quindi era inevitabile fare ricorso alle tangenti e al denaro dei privati.
Nel marzo del 1993 il governo guidato da Giuliano Amato propone un decreto legge firmato dall’allora Ministro della Giustizia Giovanni Conso che prevedeva la depenalizzazione del finanziamento illecito dei partiti, che avrebbe avuto effetti retroattivi e quindi era chiaramente mirato al salvataggio di tutti gli inquisiti dell’inchiesta Mani Puliti, fra cui anche Bettino Craxi, che nel mese di dicembre del 1992 aveva ricevuto il primo avviso di garanzia (diventeranno 11 nel mese di marzo del’93). Il Decreto legge non ottiene però la firma del Presidente della Repubblica, quindi viene ritirato e fallisce l’ipotesi della soluzione politica. In nessun momento della vicenda giudiziaria Craxi si era sentito colpevole e la sua ostinata convinzione lo ha indotto alla fuga e all’esilio presso il Presidente tunisino Ben Alì, suo amico.
La vicenda di Craxi, che si considerava innocente e ingiustamente condannato, richiama un altro celebre processo politico, che è quello intentato contro il filosofo Socrate, che si conclude con la sua condanna a morte. In una delle sue opere più intense, il Critone, Platone ricostruisce le ultime ore del filosofo, prima della sua esecuzione. La mattina della sua esecuzione Socrate riceva la visita di un suo amico potente e ricco, Critone che ha corrotto le guardie e gli propone di fuggire per sottrarsi a una sentenza che tutti riconoscono come ingiusta. La risposta di Socrate è sorprendente: è preferibile subire un’ingiustizia piuttosto che compierla, ma soprattutto che cosa succederebbe se i cittadini si rifiutassero di obbedire alle leggi, nel momento in cui queste appaiono ingiuste, o più semplicemente dure e punitive? Le leggi sono il fondamento di una città, di uno Stato, tengono insieme una comunità, ne garantiscono la sopravvivenza; tutti i cittadini sono tenuti a rispettarle, e una volta che siano applicate chi tenta di sottrarsi compie un oltraggio alla Patria e si attribuisce la presunzione di mettersi al pari della Legge stessa.
Socrate sceglie di non fuggire e accetta la sentenza, il suo sacrificio è il rispetto che attribuisce alla città di Atene e conferma la sua fedeltà a quella comunità che lo ha generato, nutrito e protetto. La fuga di Craxi è stata uno strappo drammatico, che ha probabilmente contribuito alla ulteriore corruzione della vita pubblica della Seconda Repubblica ed ha contribuito ad allargare il divario fra classe politica e cittadini, con un’ulteriore caduta di credibilità di quell’attività così fondamentale per il Bene comune che è l’agire politico.

Native

Articoli correlati