Fa sapere di seguire “con attenzione” la vicenda, attraverso l’ambasciata al Cairo. Stai sereno, Patrick George Zaky, se Giggino ci mette l’attenzione dedicata al caso Regeni, c’è poco da stare allegri. Perché la specialità del ministro degli Esteri Luigi Di Maio è quella della genuflessione verso i potenti. Una genuflessione pateticamente mascherata da dichiarazioni forti, ma che rimangono quello che sono: chiacchiere. Giggino è quello che, in visita al Cairo da ministro e vice premier del Conte I, se ne uscì fuori dopo l’incontro con il presidente-generale Abdel Fattah al-Sisi, con una incredibile , imbarazzante, rivelazione: “Il presidente al-Sisi ha detto di sentire Giulio Regeni come uno di noi (un egiziano, ndr)”, dice, compiaciuto, ai giornalisti al seguito.
Alla faccia di anni e anni di depistaggi, di bugie di Stato sparate senza soluzione di continuità dalle autorità giudiziarie e istituzionali egiziane. Quanto poi all’impegno della nostra ambasciata, vale quanto denunciato dai genitori di Gilio, nel quarto anniversario della scoperta del cadavere devastato dalle torture subite del giovane ricercatore friulano: l’ambasciatore italiano al Cairo Giampaolo Cantini che non risponde “da molto tempo”. Le “zone grigie” di Egitto e Italia nella gestione delle indagini. Le ragioni “fuffa velenosa” di Angelino Alfano da ministro degli Esteri e la richiesta dell’ex premier Matteo Renzi di un colloquio non alla presenza dei legali. Ma anche gli interventi dei due governi Conte: l’impegno personale del presidente della Camera Roberto Fico e il caso di Di Maio che “ha permesso ad al-Sisi di dire ‘Giulio uno di noi’”.
La mamma e il papà di Giulio Regeni sono stati sentiti nei giorni per la prima volta dalla commissione di inchiesta parlamentare sulla morte del ricercatore friulano in Egitto. Insieme a loro anche l’avvocata Alessandra Ballerini. Nel corso dell’audizione i tre hanno rivelato nuovi particolari sul caso: di come è stato gestito dalle autorità italiane ed egiziane dal momento del ritrovamento del corpo, avvenuto il 4 febbraio 2016, ma soprattutto dei quattro anni di indagini trascorsi fino a questo momento. La legale in particolare ha parlato di un sistema egiziano “paranoico” che arriva a spiarli costantemente, tanto che ha presentato un esposto alla procura di Genova. E ha parlato di “altri italiani che sono stati presi” negli anni e ha illustrato quello che secondo lei era un “meccanismo oliato” di interventi ufficiosi delle nostre autorità per liberare i connazionali e che “nel caso di Giulio non ha funzionato“.
I genitori del ricercatore, Paola e Claudia, a Che tempo che fa hanno letto un passaggio della lettera indirizzata al presidente egiziano al-Sisi: “Siamo in molti a chiedere verità e giustizia. Non possiamo più accontentarci delle sue condoglianze, né delle sue promesse mancate. Giulio, lei lo sa, era un portatore di pace. Giulio amava il popolo egiziano. Ha imparato la lingua e ha cercato di vivere come un egiziano. Invece è morto come purtroppo muoiono tanti egiziani.” Giggino lo sa, ma gli affari sono affari. E allora, in ginocchio dal “faraone”.