martedì 17 marzo. 13° giorno
Mentre la Peste si stava recando a Baghdad lungo la strada incontra Nasruddin che le chiede dove stesse andando; la Peste risponde che stava andando proprio a Baghdad per uccidere 10.000 persone. Sulla via del ritorno la Peste incontra nuovamente Nasruddin che la rimprovera duramente, perché non aveva mantenuto la sua parola. Infatti non erano morte 10.000 persone, ma molte di più, almeno 100.000. La Peste si difese con prontezza. Non aveva affatto mentito, perché ne aveva realmente uccisi 10.000, ma il resto era morto per la paura.
Nasruddin era un filosofo, vissuto probabilmente intorno al XIII secolo, ed è protagonista di numerose storielle e aneddoti, a volte persino divertenti. In questo racconto della tradizione sufi ci sono però alcune paradossali verità.
In questi giorni in cui i bollettini della Protezione Civile scandiscono una terribile danza macabra e ci sentiamo accerchiati da una forza invisibile e subdola, ritornare sulla storiella sufi potrebbe aiutare a combattere un nemico ancora più terribile, la paura che paralizza e ci rende più fragili. E poiché ci sentiamo in guerra, e forse lo siamo per davvero, il compito che ciascuno si deve assumere è quello di far valere la propria utopia contro la fobia.
Abbiamo attraversato stagioni fobiche, agitate dalle paure più svariate, i migranti, il terrorismo, la povertà, il dissesto ambientale, e infine il virus, che è diventato la minaccia globale, una sorta di ecatombe che appare come un giudizio finale sul nostro mondo. Essere utopisti oggi significa alzare lo sguardo e vedere oltre il nero presente in quel futuro che solo gli esseri umani, fra tutte le forme viventi, sono in grado di immaginare.
Argomenti: covid-19