Quando finirà tutto questo? Quando potremo tornare ‘ad abbracciarci come prima’, per dirla come Giuseppe Conte? È questa la domanda che attanaglia la mente degli italiani e di tutti i paesi colpiti dal Coronavirus. L’irruenza con cui questo mostro è entrato nelle nostre vite ci dà l’illusione che un giorno, forse non tanto lontano, potremo tornare alle nostre vite di prima come per magia, velocemente come siamo entrati in questa crisi.
Purtroppo, non sarà così. E questa consapevolezza, che già si insinua nella mente delle persone, è bene che sia ben radicata in ognuno di noi. Il virus non scomparirà come per magia, e ci vorrà molto tempo prima di tornare alla normalità. Di sicuro c’è che, anche quando le misure di quarantena si saranno allentate, le nostre vite dovranno procedere con estrema cautela. Gli assembramenti probabilmente continueranno a venire vietati, dovremo abituarci a non frequentare più tante persone tutte insieme e a stare molto più tempo a casa.
Ma c’è una data di scadenza? Sì, esiste, ed è – lo spiega l’epidemiologo Pier Luigi Lopalco, professore di Igiene all’università di Pisa, ritornato per un po’ a casa in Puglia per guidare la task force regionale per l’emergenza coronavirus – il vaccino. Fino a che non avremo il vaccino in tasca, e questo potrebbe richiedere anche anni, le nostre vite non saranno più le stesse.
“Tutti aspettano che la curva dei contagi scenda, scenda, scenda. Che le misure di distanziamento sociale funzionino. Che tutto torni come prima. Ma se in realtà qualcosa di buono già si vede, per il ritorno alla normalità bisognerà aspettare e avere cautela. Molta” spiega Lopalco, che aggiunge anche che non trova da ridire sulle misure adottate dal Governo: “Ad essere sinceri più di quello che abbiamo fatto è difficile, a livello nazionale, oggettivamente prendere decisioni così gravi in situazioni di emergenza, con pressioni da parte del mondo economico, pressioni dall’opposizione. Non è una situazione facile, si potrà discutere nel futuro sui dettagli, ma a livello nazionale come impostazione generale credo si sia fatto tutto quello che si doveva fare”. E “con la Cina purtroppo non possiamo fare grandi paragoni perché il lockdown della Cina è stato totale e brutale, e oggettivamente non credo che si potrà mai fare così in un Paese europeo”. Inoltre “in Hubei il lockdown era totale ma dal resto della Cina arrivava tutto, cibo, medici, medicine. Sarebbe come se potessimo chiudere l’Italia e la Germania ci mandasse tutto quello che serve”.
“Io credo che le misure di distanziamento sociale stiano già funzionando, non si vedono in maniera evidente perché il grosso dei casi oggi viene dalla Lombardia, dove ormai l’epidemia, il fuoco era divampato”, risponde Lopalco, e “quello che bisogna fare è circoscrivere l’incendio, fare in modo che il resto del bosco rimanga salvo. L’impatto delle misure di distanziamento si vede soprattutto nelle prime fasi di un epidemia, quando ancora si ha il tempo di bloccare la diffusione. Io credo che un po’ tutte le regioni italiane stiano già avendo dei risultati, il rallentamento del contagio si vede. Non abbiamo avuto un’impennata esponenziale come c’è stata in Lombardia. E questo è stato grazie alle misure di distanziamento sociale e insieme a tutta l’azione che si sta facendo sul territorio”.
Sul territorio infatti si gioca un’altra partita importante: “Il lavoro grosso che va fatto è molto a livello locale, adesso che sono qui in Puglia me ne rendo conto, qui si sta facendo un lavoro fortissimo di spegnimento dei focolai, uno ad uno sul territorio. E questo lavoro va fatto in tutte le Regioni, so che molte regioni lo stanno facendo e bisogna impegnarci molto su questo, perché questo lavoro insieme alle misure di distanziamento sociale può avere effetto”, sottolinea prof Lopalco, come sui social è conosciuto, ora che guarda anche dalla Puglia, dove guida la task force contro l’emergenza coronavirus, le curve epidemiologiche.
“Se noi abbiamo un po’ di pazienza il rallentamento si vede anche in Lombardia. Ma soprattutto in Lombardia bisogna curare le persone, bisogna sforzarsi per curare le persone, non possiamo fare altro, quando c`è quel livello di circolazione del virus”. “Curare chi si ammala e continuare assolutamente ad osservare le misure di distanziamento. Guai – avverte l’epidemiologo – a pensare di mollare. Io credo che nei prossimi giorni un rallentamento dei contagi si vedrà, ma guai a pensare che siamo fuori dal tunnel o che ormai abbiamo svoltato l’angolo, perché dietro l’angolo ci può essere un altro tunnel e un altro burrone”.
Il messaggio è chiaro: “Se una volta calata la curva epidemica ci si illude che possiamo tornare a fare quello che facevamo prima, un mese fa, ci stiamo sbagliando di grosso, non è così. Per il ritorno alla normalità servirà tempo. E dobbiamo essere certi che tutte le strutture sanitarie siano in sicurezza, che il sistema di sorveglianza territoriale funzioni, che la diagnostica per la rilevazione precoce dei casi funzioni, et cetera et cetera et cetera. Questo è un messaggio che dobbiamo dare chiaro, dobbiamo avere cautela, cautela massima”.
Quando finirà? “È difficile da dire. Ora curiamoci di quello che sta succedendo adesso, sperando che non scoppi nessun altro focolaio stile Lombardia, che in nessun altra regione si ripetano gli eventi della Lombardia. Una volta che siamo sicuri di questo, potremmo iniziare a pensare al post-epidemia. Per il momento siamo in epidemia dobbiamo curarci dell’epidemia”.
La cura? “Io non nutro grosse speranze sul farmaco, si sta facendo tanto clamore sui farmaci che spuntano come funghi. Noi abbiamo degli antibiotici efficaci contro i batteri ma fino ad oggi non abbiamo un antivirale, uno, che funzioni contro i virus. Per poter tenere sotto controllo l’Hiv, il virus dell’Aids, ci sono voluti decenni di ricerca e comunque serve un cocktail di farmaci per tenerlo a bada”. Quindi nessuna illusione da Lopalco: “Non pensiamo che ci sia la pillola miracolosa, perché per questo virus non ci sarà la pillola miracolosa, come non c’è mai stata per i virus dell’influenza, abbiamo antivirali che sono un po’ acqua fresca anziché avere 5 giorni di tosse ne abbiamo 3. Non vorrei nei farmaci si riponesse molta speranza”.
“La mia speranza – aggiunge – è questa: riuscire a passare il grosso picco epidemico e nel frattempo che venga fuori il vaccino. Questo è quello a cui dobbiamo puntare. Con tutte le forze tenere sotto controllo il picco epidemico, farlo scendere e poi estrema sorveglianza ed estrema cautela fino a quando non avremo in tasca il vaccino. Poi vedremo, il livello di contagio che si avrà dopo il picco epidemico, soltanto allora sapremo quanto potremo ritornare alla vita precedente. Ma io penso che prima dell’estate sarà molto difficile riuscire a fare delle grosse previsioni e strategie post epidemia”.
È un virus globale, è un virus contagioso… “Un virus del genere non si può eliminare dal territorio ma si può gestire, si può fare in modo che non dia fastidio, che non faccia troppi danni”.
“Il virus della spagnola ad esempio ha continuato a girare per decenni, fino all’altro ieri, ma dopo le ondate tragiche ha continuato a girare come un virus stagionale perché la popolazione umana si è adattata, ha sviluppato anticorpi e quindi il virus è diventato stagionale. Ed è esattamente quello che succederà con il virus SarsCov2. La spagnola fece milioni e milioni di morti ma era il 1918 oggi è il 2020: i polmoni si curano, noi curiamo le polmoniti. Le vittime ci saranno, ogni anno i virus uccidono tante persone, ma cercheremo di proteggere i più fragili col vaccino e curare i pochi casi di polmonite. Una persona se viene curata adeguatamente guarisce”.
Ma “prima di avere un vaccino in tasca dobbiamo essere molto cauti”, per evitare altri incendi. E quando arriverà il vaccino: “Speriamo per l’inizio del prossimo anno, se qualche gruppo di ricerca lo azzecca, potrebbe arrivare anche per l’inizio del prossimo anno”.
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