Riflessioni sul Dantedì in attesa di poter dire: "Uscimmo a riveder le stelle”.
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Riflessioni sul Dantedì in attesa di poter dire: "Uscimmo a riveder le stelle”.

Il 25 marzo di ogni anno è stato istituito il Dantedì, un giorno in cui il sommo poeta sarà ricordato con i versi della sua poesia sublime. In questi giorni inizia il grande viaggio della sua Commedia

Dante Alighieri
Dante Alighieri
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Giancarlo Governi Modifica articolo

25 Marzo 2020 - 09.54


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Il prossimo anno celebreremo, la cultura di tutto il mondo lo celebrerà, il settimo secolo dalla morte di Dante. E per questo, il 25 marzo di ogni anno è stato istituito il Dantedì, un giorno in cui il sommo poeta sarà ricordato con i versi della sua poesia sublime. E’ stato scelta questa data di marzo, perché è il giorno in cui Dante inizia il grande viaggio della sua Commedia. Un’opera complessa, gigantesca che comprende tutta la cultura del mondo suo coevo, per scrivere la quale dovette inventare una lingua che non esisteva prima di lui, la nostra lingua italiana. 

E mai come in questo momento, il viaggio dantesco, che è un viaggio di espiazione ma anche di purificazione e sublimazione, assomiglia ai momenti critici che ha vissuto l’umanità e che ancora sta vivendo. Dante, guidato da Virgilio, il grande poeta latino che lui chiama “maestro e donno”,  inizia il suo viaggio nel mondo delle tenebre sulla cui porta è scritto:

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Per me si va ne la città dolente,
per me si va ne l’etterno dolore,
  per me si va tra la perduta gente.

E Dante entra, rassicurato da Virgilio, e si lascia sprofondare nei gironi distribuiti secondo la gravità del peccato, del male in cui gli uomini hanno immerso la loro vita. In fondo a quello sprofondo c’è il male assoluto e, prima di arrivare a lui e prima di proseguire il viaggio verso il Purgatorio e, finalmente, verso il Paradiso, Dante riuscirà a rivivere le grandi passioni che hanno travolto l’Umanità. Incontrerà Paolo e Francesco, gli amanti condannati a vagare per sempre nell’aere perso, incontrerà Ulisse divorato dalla curiosità che lo ha portato a oltrepassare le colonne dell’ignoto dove si perderà, incontrerà il Conte Ugolino condannato a divorare il cranio del suo persecutore. Fino a quando, finalmente, può annunciare che “quindi uscimmo a riveder le stelle”.

E questo è un finale significativo, un finale salvifico per l’Umanità che agogna di riveder le stelle del firmamento consueto, quello che lo accompagna da quando è nato e che contempla ogni volta che alza il gli occhi al cielo. 

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