“ E’ tutto inedito, in questi giorni. Anche confezionare un numero del giornale, è un lavoro del tutto inusuale” dice Francesco Monaco, vice caporedattore della Gazzetta di Parma. “Lavoriamo da casa. Al giornale c’è il direttore con un paio di colleghi. Lo smart working è indubbiamente una risorsa preziosa ma toglie un elemento essenziale del lavoro del quotidiano locale. Quello di andare in giro a parlare con la città, a respirarla. Innanzitutto ci manca il lavoro di approfondimento. Voglio dire che non possiamo certo andare all’Ospedale Maggiore a fare un’inchiesta su come funziona la macchina sanitaria. Bisogna solo cercare di intercettare, al telefono, le voci dei combattenti in prima linea e farsi raccontare da loro cosa accadono. Avremmo voluto scavare nell’argomento dei tamponi, ma per farlo avremmo avuto bisogno di parlare con gli esperti veri, i quali, in questi tempi, hanno ben altro da fare che non rilasciare interviste. Ecco possiamo cercare delle storie, indagare sui tanti risvolti di questa tragedia che sta imperversando su questa città, come su tutto il nord. Facciamo da portavoce delle Istituzioni, diamo un servizio d’informazione ai cittadini anche su dettagli minimi; quali sono i negozi di generi alimentari che operano anche a domicilio, gli orari degli uffici, le comunicazioni dell’Amministrazione, il fatidico bollettino delle diciotto. La cronaca locale, poiché non c’è più una vita sociale vera e propria, diventa spesso il ricordo di chi non ce l’ha fatta. Inutile parlare di quanto sia difficile mettere in piedi una pagina sportiva e degli spettacoli. Possiamo solo parlare di annullamenti.
Parma 2020 è quasi un ricordo, oramai. D’altronde il lettore chiede solo ed esclusivamente notizie sulla malattia. Lo vediamo dal nostro sito, che ha raggiunto il massimo storico dei contatti. Se pubblichiamo una notizia come il probabile annullamento del campionato, si leva immediatamente una raffica di commenti ruvidi, non sempre ripetibili. A nessuno importa più niente del calcio, delle Olimpiadi, o dell’annullamento della stagione lirica.
Naturalmente il direttore, Claudio Rinaldi, ci invita a trovare qualcosa di alternativo ma bisogna dire che solo la notizia degli ottant’anni di MIna è stata un po’ gradita dalla platea social. Stiamo facendo un giornale monotematico e di servizio. Commenti, inchieste, critiche, dibattiti politici sono rimandati a un tempo indefinito. Non per questo siamo scontenti del nostro lavoro. Oggi abbiamo realizzato due pagine sulle modalità diverse di elaborare il lutto che questa situazione ci sta imponendo. Abbiamo parlato con operatori del settore, con psicologi e sacerdoti.
Questi funerali solitari sono terribili per tutti. Le esequie sono un momento per salutare e ricominciare. Il virus ha ucciso anche un mio cugino, medico dell’ospedale. E’ duro non poter vedere la sua famiglia, i tanti amici comuni, non abbracciarli, non parlare con loro della vita che va avanti; perché ai funerali si fa anche questo, ci si scambiano notizie, si parla del presente. Queste esequie solitarie sono una delle prove più terribili di questi giorni”.
La Gazzetta continua a uscire nelle edicole. Come vanno le vendite?
Innanzitutto va detto che, come tutti i quotidiani, anche il nostro è in calo da diversi anni, anche se, va detto, questa flessione è più contenuta. Non abbiamo mai avuto un tracollo. Ci siamo posizionati più in basso. Fare una situazione delle vendite vere e proprie sarebbe in questi giorni un esercizio un po’ surreale. Ci sono edicole chiuse, ci sono persone, soprattutto gli anziani, che non escono più da casa. In provincia hanno abbassato la saracinesca piccoli esercizi che vendevano anche il giornale, nelle piccole frazioni. Sono chiusi i bar che garantivano ai parmigiani la lettura rituale della Gazzetta (che cominciava, spesso, dalla pagina dei morti). L’isolamento ha interrotto tutti quei momenti di aggregazione di cui il nostro giornale da conto quotidianamente (feste di pensionamento, sagre, tornei di carte, cene sociali, gite, gare di ballo). Molte copie erano acquistate da chi sapeva di essere citato proprio in quelle occasioni. Per vedere la foto di gruppo con gli amici. C’è una quotidianità frantumata davanti a noi, c’è una pesantezza di spirito che esclude anche il solo pensiero dello stare insieme.
Il vostro non è un semplice giornale, è una sorta d’istituzione, la voce della città. Pensi che questo ruolo possa essere intaccato da questa crisi?
Stiamo tornando a esserlo, purtroppo grazie a questo dramma. Il giornale aveva già perso questa ruolo di portavoce della comunità già da anni. I più giovani non leggono il quotidiano, i tanti immigrati degli ultimi decenni (anche italiani) non sentono certo il fascino della Gazzetta. Ecco, oggi siamo un punto di riferimento, una fonte certa di notizie fresche, un momento di aggregazione, soprattutto sul web. E pensare che un mese e mezzo fa (sembra che siano passati anni) eravamo stati subissati di critiche tanto feroci quanto meritate. Avevamo dato la notizia della morte di Mirella Freni pubblicando però la foto di un’altra cantante. Oggi questo errore, imperdonabile, passerebbe inosservato, verrebbe attribuito allo stress della quarantena. Parma, anche quella melomane, ci ha perdonato e ha dimenticato lo scivolone.
Cosa ti ha colpito di più della reazione della città davanti a questa tragedia?
La compostezza. Come sai, questa è una città autoreferenziale, che ama sentirsi una piccola capitale. Parma 2020 aveva amplificato al massimo questa autostima. Avevamo messo l’abito migliore, pensavamo al 2020 come un anno di Gala. Ora sappiamo di essere una piccola città del Nord Italia, una della tante alle prese con il dolore, la fatica, l’incertezza, il lutto. E sappiamo che il domani sarà cupo, dal punto di vista economico. Con dignità abbiamo riposto gli abiti da sera e siamo pronti a rimetterci quelli da lavoro, senza piangerci addosso.
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