Hanno inventato le “navi quarantena” per giustificare il decreto “porti chiusi”. Nei palazzi del potere a Roma la parola d’ordine è: tutto sotto controllo. Ma la realtà, sul fronte del soccorso ai migranti in un Mediterraneo svuotato dalle navi “sala vita” delle Ong è tutt’altra. Continuano le ricerche dell’imbarcazione con 55 migranti a bordo di cui si sono perse le tracce due giorni fa, ma le condizioni meteo, spiegano da Alarm Phone, “sono pessime”.
E nel frattempo sia la Aita Mari, che ieri aveva soccorso altre 43 persone e alla quale Malta sta negando lo sbarco, che la Alan Kurdi, che da otto giorni ha a bordo 149 persone, stanno aspettando un porto dove sbarcare i naufraghi. In un’intervista ad Avvenire, la ministra delle Infrastrutture e dei Trasporti, Paola De Micheli, una dei quattro firmatari del decreto che dichiara l’Italia porto non sicuro, sostiene che “non ci sottraiamo nell’aiutare e nell’assistere le persone in fuga da fame e guerra e coloro che corrono pericoli in mare. Per i migranti e il personale della Alan Kurdi ci siamo attivati con una procedura d’emergenza“.
Porti chiusi, nessuna retromarcia
La ministra esorta poi le ong a collaborare col governo: “Le navi con bandiera straniera rispettino le indicazioni dei loro Paesi”, ha detto spiegando che sulla Alan Kurdi “c’è l’impegno della Germania”. Per sostenere che il decreto firmato con altri tre membri del governo non è un provvedimento discriminatorio nei confronti di migranti e organizzazioni non governative, De Micheli ricorda che “è successivo a un altro decreto del 19 marzo con il quale ho chiuso i porti a navi passeggeri battenti bandiera straniera, per l’incolumità di chi è a bordo e per l’incolumità degli italiani. L’ultimo provvedimento è in coerenza con questa disposizione generale. È una chiusura che vale per tutti, non solo per le imbarcazioni delle ong. Nelle Regioni di approdo, in particolare quelle del Sud, e in generale nel Paese, non abbiamo le condizioni organizzative per gestire emergenze sanitarie negli ospedali nel caso dovessero arrivare molte persone”.
Mentre da Alarm Phone fanno sapere che non si hanno notizie dei 55 migranti a bordo del barcone di cui si sono perse le tracce due giorni fa, con le condizioni meteo “terribili e la nostra speranza che sono ancora vivi sta diminuendo”, la ministra a Omnibus su La7 si dice “molto preoccupata per alcune discussioni di queste ore, perché sia Frontex che la Guardia Costiera hanno ribadito che non ci sono stati naufragi in queste ore. “Abbiamo il Mediterraneo sotto controllo, non abbiamo nessuna intenzione di abdicare al nostro ruolo”, ha ripetuto sottolineando la bontà del “modello organizzativo che stiamo cercando di avere per rendere questo sistema più efficiente in un momento in cui l’Italia è in una situazione di emergenza”, assicura la titolare delle Infrastrutture e dei Trasporti.
Dalla Alan Kurdi, però, continuano ad arrivare le richieste di aiuto per i 149 migranti ancora a bordo e per i quali il Governo italiano già due giorni fa aveva annunciato il divieto di sbarco, aggiungendo però che le persone sarebbero state trasferite su una nave dove trascorrere il periodo della quarantena, presumibilmente al largo del porto di Trapani. Ancora, però, il trasbordo non è avvenuto. “Quello che sta avvenendo in questi giorni nel Mediterraneo è vergognoso e indegno – dicono dalla ong Sea Eye – La protezione della gente che si sposta vale sempre, specialmente in tempi di crisi”.
De Micheli risponde ripetendo che “la vicenda della Alan Kurdi è una vicenda che ci porterà nelle prossime ore a prendere una nave passeggeri sulla quale far passare la quarantena sia all’equipaggio che agli ospiti”.
Da Roma a Bruxelles. “Siamo in stretto contatto con gli Stati membri, che incoraggiamo a lavorare insieme e a mostrare solidarietà, per trovare una soluzione”. Così un portavoce dell’Esecutivo comunitario, rispondendo sulla situazione della Alan Kurdi. “Come sempre, siamo pronti ad avere un ruolo di coordinamento sui ricollocamenti, dopo lo sbarco – evidenzia il portavoce -. Ma, secondo la legge internazionale, individuare un porto di sbarco è responsabilità dei Paesi”. E siamo punto e a capo.
Regolarizzare gli stranieri
In un’intervista rilasciata a La Stampa, il fondatore della Comunità di Sant’Egidio, Andrea Riccardi lancia una proposta che sposta in alto l’asticella dell’inclusione e dei diritti sociali: “C’è bisogno di loro sia per le attività nelle campagne sia per l’assistenza agli anziani”. “In Italia – ha spiegato Riccardi – ci sono 600 mila immigrati irregolari che vivono ai margini e possono alimentare focolai di infezione. Occorre regolarizzarli prevedendo permessi di soggiorno temporanei: dobbiamo farlo per garantire la salute di tutti e la tenuta sociale del Paese. Questi stranieri sono fondamentali per il settore agricolo e per i servizi alla persona: nella fase 2 ci sarà ancor più bisogno di loro”.
Riccardi sottolinea come secondo la Confagricoltura servano 200mila lavoratori. “Provo a lanciare un’ipotesi – ha aggiunto – vanno regolarizzati coloro che erano presenti in Italia il 4 marzo, la data in cui il premier ha firmato uno dei primi decreti contro il Coronavirus”.
La vergogna greca
L’Europa della vergogna ha nel governo greco uno dei suoi pilastri Il primo ministro Kyriakos Mitsotakis dovrebbe liberare centinaia di bambini migranti non accompagnati detenuti in celle di polizia antigieniche e centri di detenzione in Grecia. E’ l’appello lanciato oggi da Human Rights Watch (HRW) dando così vita ad una campagna per liberare i bambini. Il loro rilascio da condizioni di detenzione offensive li proteggerebbe meglio dalle infezioni in caso di pandemia di Coronavirus.
La campagna su #FreeTheKids. Che inizia oggi, il 14 aprile 2020, per sollecitare il Primo Ministro Mitsotakis a rilasciare immediatamente i minori migranti non accompagnati in condizioni di reclusione per trasferirli in strutture sicure e adatte ai bambini. Human Rights Watch sta avviando questa campagna dopo anni di ricerca e sostegno alla pratica della Grecia di rinchiudere i bambini che si trovano in Grecia senza un genitore o un parente in celle di polizia e centri di detenzione, sollecitando i governi successivi a porre fine a queste gravi violazioni dei diritti. “Mantenere i bambini rinchiusi in celle di polizia sporche era sempre sbagliato, ma ora li espone anche al rischio di infezione da Covid-19”, ha affermato Eva Cossé, ricercatrice greca presso Human Rights Watch. “Il governo greco ha il dovere di porre fine a questa pratica offensiva e assicurarsi che questi bambini vulnerabili ricevano le cure e la protezione di cui hanno bisogno”.
Secondo il National Center for Social Solidarity, un ente governativo, al 31 marzo, 331 bambini erano in custodia di polizia in attesa di essere trasferiti in un rifugio, un forte aumento rispetto a gennaio, quando 180 bambini non accompagnati erano dietro le sbarre. Malattie infettive come Covid-19 rappresentano un grave rischio per le popolazioni di istituti chiusi come carceri e centri di detenzione per immigrazione. Si è scoperto che queste istituzioni forniscono cure sanitarie inadeguate anche in circostanze normali. In molti centri di detenzione, il sovraffollamento, i bagni in comune e la scarsa igiene rendono praticamente impossibile mettere in atto misure di base per prevenire un focolaio di Covid-19.
Le autorità greche descrivono la detenzione di minori non accompagnati come un “regime di custodia protettiva” e affermano che si tratta di una misura di protezione temporanea nel migliore interesse del minore. In pratica, è tutt’altro che protettivo. Secondo la legge greca, i minori non accompagnati dovrebbero essere trasferiti in alloggi sicuri, ma la Grecia ha una carenza cronica di spazio in strutture adeguate come rifugi per bambini non accompagnati. La ricerca di Human Rights Watch ha documentato che, di conseguenza, i bambini affrontano detenzioni arbitrarie e prolungate e trattamenti abusivi in condizioni antigieniche e degradanti, tra cui la detenzione con gli adulti e i maltrattamenti da parte della polizia. Spesso non sono in grado di ottenere cure mediche, consulenza psicologica o assistenza legale e pochi conoscono persino i motivi della loro detenzione o per quanto tempo resteranno dietro le sbarre. La detenzione ha gravi ripercussioni a lungo termine sullo sviluppo e sulla salute mentale dei bambini, compresi livelli più elevati di ansia, depressione e stress post-traumatico.
Porti chiusi, trattamenti disumani verso i più indifesi tra gli indifesi: i bambini. La vergogna ai tempi del Coronavirus.
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