Alla fine l’App Immuni si è rivelata completamente inutile, ma non per colpa sua. La colpa è della campagna di disinformazione orchestrata dalla destra populista che ha boicottato l’app con il solo scopo di guadagnare il consenso delle folle instupidite e complottiste, aiutati da una generale mancanza di fiducia nell’autorità. Risultato: solo 3 milioni di italiani hanno installato l’app di tracciamento, che poteva essere un buon modo per tracciare il Covid-19, senza nessun tipo di invasione della privacy.
È completamente falso infatti quello che dice Giorgia Meloni, che sostiene che Immuni sia ‘business di dati sensibili’: come già spiegato, Immuni non ha accesso ai nostri dati personali, assegna al nostro telefono un codice numerico e tutte le informazioni sulla nostra salute sono fornite spontaneamente. Il servizio inoltre può essere disinstallato in qualsiasi momento.
Immuni non è diversa (anzi, è molto più sicura), di molte altre app che in questo momento sono sul nostro telefono. Qualche settimana fa avevamo parlato di Candy Crush. Ma adesso, vista la moda che è tornata prepotentemente sui nostri social, dovremmo parlare di FaceApp, che ha la capacità di modificare le nostre fotografie mostrandoci come appariremmo del sesso opposto oppure piùà anziani.
FaceApp è un’applicazione russa nata nel 2017 e che riscuote successo a ondate: se n’è parlato molto in Italia esattamente un anno fa, ed era venuto fuori che c’era qualcosa di strano con la privacy. FaceApp infatti non rende chiaramente esplicito che i dati delle foto scelte per le modifiche saranno raccolti dai suoi sistemi e che saranno trasferiti sui suoi server. I dati e le fotografie sono quindi salvati in centri dati che si trovano fuori dalla Russia e, secondo l’azienda che la gestisce (Wireless Lab) nessuna informazione viene salvata direttamente in territorio russo. Anche in questo caso non ci sono però molte altre informazioni sulle politiche seguite da FaceApp per la conservazione dei dati.
FaceApp ha un comportamento simile a moltissime App che installiamo sul nostro smartphone, molto meno chiare di Immuni sul funzionamento. Ma per la destra reazionaria e populista Immuni è il nemico perché in questo momento cavalcare l’onda negazionista conviene molto di più politicamente che consigliare cautela. Gli italiani si sono rott le scatole di indossare le mascherine, e questo Giorgia Meloni e Matteo Salvini lo hanno capito benissimo.
Che siamo costantemente sotto controllo non è una novità. Fior di documentari, inchieste, film, articoli hanno dimostrato che la nostra vita è costantemente monitorata e i nostri big data sono la moneta sonante dell’era di Internet. Facciamo una ricerca su Google e le pubblicità cominciano a reclamizzare prodotti attinenti alle nostre ricerche. Postiamo una foto su Instagram e comunichiamo ai server di Zuckerberg dove ci troviamo, con chi siamo, quando l’abbiamo scattata.
Avete presente quel tastino che premete quando entrate in un sito nuovo, in cui autorizzate l’utilizzo dei cookie? Ecco, lì state accettando di essere monitorati. Non stiamo dicendo che sia giusto, ma che è un dato di fatto.
La differenza è che la app Immuni serve a uno scopo: tracciare i vostri movimenti per capire come si muove un virus che ha ucciso oltre 35.000 persone. Perché è questo il problema: questo virus uccide, se non lo avete ancora chiaro. Per quanto possa essere psicologicamente pesante, la vostra libertà di uscire di casa (e chissà quali vite segrete ed emozionanti avete da nascondere) non è il centro del problema. Lo sono quelle 35.000 vittime, che forse sarebbero ancora vive se la app Immuni fosse stata sviluppata prima.
Ciò che viene richiesto a tutti noi è lo sforzo di pensare in modo comunitario, pensare che il rivelare chi avete incontrato il pomeriggio può letteralmente salvare delle vite. Non è piacevole, ma nulla lo è durante una pandemia. Bisogna solo ricordarsi che il problema non siamo noi, non sono le nostre vite, non è la nostra voglia di levarci le mascherine. Il problema è che la gente muore. E questo dovrebbe mettere a tacere ogni polemica, se solo il nostro patriottismo da balconi si traducesse in una vera solidarietà nazionale.