Si concentra su una parola la critica dell’Arcigay alle nuove misure annunciate da Conte. Ed è il termine “congiunti”, che esclude una serie di persone dalla possibilità di vedere un loro caro.
“Il fatto che l’allentamento delle restrizioni sulle relazioni sociali sia circoscritto alla definizione di ‘congiunti’, che nei nostri codici è riferita inequivocabilmente alla dimensione formale della parentela, di sangue o acquisita, rappresenta un inedito e inaccettabile intervento dello Stato nella definizione della gerarchia degli affetti”, ha detto Gabriele Piazzoni, segretario generale di Arcigay.
Sul tema interviene anche la senatrice Monica Cirinnà. “Condivido la prudenza del Governo nella scelta di graduare le aperture. Allo stesso tempo, non condivido la scelta di limitare le visite in sicurezza ai soli congiunti, perché non tiene conto della pluralità delle esperienze e degli affetti”, dichiara. “Esistono relazioni significative che vanno al di là dei legami giuridici e di sangue, e relazioni che attraversano i confini delle Regioni: penso innanzitutto alla situazione di alcune famiglie separate, alla condizione delle coppie non conviventi o delle famiglie arcobaleno non riconosciute, ma anche ai tanti legami di affetto tra persone sole, che vengono ignorati dal decreto”, prosegue.
E ancora, conclude la senatrice che ha dato il nome alla legge sulle unioni civili: “Se si decide di venire incontro, seppur limitatamente, a specifiche esigenze affettive, si deve farlo nel rispetto della pari dignità e dell’autodeterminazione delle persone. Le solitudini sono tante e diverse, e non possono essere ignorate.
Mi auguro che si intervenga presto a precisare, anche solo in via interpretativa, la portata del decreto approvato ieri sera, su questo specifico punto e ferme restando tutte le necessarie precauzioni. La ritengo una assoluta priorità e mi batterò per questo”, conclude.
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