La quarantena può essere dura soprattutto per gli autistici e per i loro genitori. Lo dimostra la testimonianza di Sara Anzellotti, 42 anni e mamma di tre figli, che al Corriere della Sera ha raccontato le difficoltà vissute dal piccolo, recluso nella sua casa a Rubbiate, in provincia di Lecco, dal 23 febbraio: “Quando mio figlio ha le crisi, distruggerebbe tutto. Cosa dovrei fare? Legarlo ad una sedia?”.
Secondo Sara, le famiglie alle prese con la disabilità di un componente sono state lasciate sole, sono state “dimenticate”.
“In ogni decreto, in ogni conferenza stampa, in ogni provvedimento, si parla di estetiste, parrucchieri, attività manifatturiere, gestori di palestre, fabbriche, uffici…ma noi non esistiamo. Eppure per noi la scuola è vita. Senza la terapia mio figlio diventa ingestibile, e come il mio molti altri: rappresento un centinaio di famiglie di un’associazione, Movimento genitori Lombardia, che invano sta cercando di far sentire la voce dei disabili”.
Il piccolo avrebbe bisogno della sua terapia, quella comportamentale, Aba, che segue da anni. Pensare di farla attraverso uno schermo è impossibile: ecco perché, nel suo caso, la didattica a distanza non è inclusiva.
“Mio figlio fa terapia per imparare a stare seduto per qualche minuto, si figuri davanti a uno schermo per ore. E hanno difficoltà i ragazzi con bisogni educativi speciali, quelli fragili, quelli che rimanevano indietro già prima, quelli con disturbi: dicono che siamo una minoranza, ma siamo una minoranza corposa. Non si stanno rendendo conto che stanno lasciando indietro i più fragili. Come diceva Zygmunt Bauman, ‘si misura la tenuta di un ponte a partire dalla solidità del suo pilastro più piccolo’”.
Il rischio è quello di non trovare spazio nella società dei prossimi mesi e di essere ancora più invisibili. Perché, come aggiunge la mamma, “paradossalmente se uno è in carrozzina, è sotto gli occhi di tutti che abbia bisogno di aiuto. Un dislessico o un autistico no”.
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