+49,4% di decessi in media a marzo 2020 rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. È questo, tra le altre cose, ciò che indica un rapporto dell’Istat sull’impatto dell’epidemia di coronavirus sulla mortalità nel nostro paese, redatto insieme all’Istituto Superiore di Sanità. Lo studio si basa su un campione di 6.866 comuni (87% dei 7.904 complessivi), ed è “la prima volta che l’Istat diffonde questa informazione riferita ad un numero così consistente di comuni”, si legge nel documento.
Secondo i loro dati, la media del periodo tra il 2015-2019 si attestava a 65.592. Nel 2020, la media è passata a 90.946. Si tratta di un eccesso di 25.354 unità, di cui il 54% rappresenta le morti causate dal covid-19, cioè 13.710 persone. Inoltre “Esiste una quota ulteriore di circa altri 11.600 decessi per la quale possiamo, con i dati oggi a disposizione, soltanto ipotizzare tre possibili cause: una ulteriore mortalità associata a Covid-19 (decessi in cui non è stato eseguito il tampone), una mortalità indiretta correlata a Covid-19 (decessi da disfunzioni di organi quali cuore o reni, probabili conseguenze della malattia scatenata dal virus in persone non testate, come accade per analogia con l’aumento della mortalità da cause cardiorespiratorie in corso di influenza) e, infine, una quota di mortalità indiretta non correlata al virus ma causata dalla crisi del sistema ospedaliero e dal timore di recarsi in ospedale nelle aree maggiormente affette”.
La stragrande maggioranza dei decessi, cioè l′89%, si concentra nelle provincie “a diffusione alta”. “Una delle conseguenze più drammatiche degli effetti della epidemia riguarda l’incremento complessivo dei decessi. D’altra parte il dato dei morti riportati alla Sorveglianza integrata Covid-19 fornisce solo una misura parziale di questi effetti, essendo riferito ai soli casi di deceduti dopo una diagnosi microbiologica di positività al virus”. L’indicatore ritenuto più affidabile è proprio l’eccesso suld ato dei decessi. Per quanto riguarda le altre zone, l′8% delle morti da coronavirus sono avvenute nella zone a “diffusione media”, mentre il 3% in quelle con la diffusione più bassa.
In particolare, sono 38 le province nel quale il coronavirus ha fatto più vittime, si tratta di “3.271 comuni, 37 province del Nord più Pesaro e Urbino”. In queste zone i morti sono più che raddoppiati e rappresentano il 91% dell’eccesso. “Se si considera il periodo dal 20 febbraio al 31 marzo, i decessi sono passati da 26.218 a 49.351 (+ 23.133 ); poco più della metà di questo aumento (52%) è costituita dai morti riportati al Sistema di Sorveglianza Integrata Covid-19
(12.156)”. Queste province, “hanno pagato un prezzo altissimo in vite umane, con incrementi percentuali dei decessi nel mese di marzo 2020, rispetto al marzo 2015-2019, a tre cifre: Bergamo (568%), Cremona (391%), Lodi (371%), Brescia
(291%), Piacenza (264%), Parma (208%), Lecco (174%), Pavia (133%), Mantova (122%), Pesaro e Urbino (120%)”.
Discorso diverso per il Centrosud. In alcune zone si sono registrate meno morti rispetto alla media dei giorni scorsi. Secondo i dati dell’Istat e dell’Iss, i decessi nel mese di marzo sono mediamente inferiori dell′1,8% rispetto al periodo 2015-2019. In particolare, Roma segnala un -9,4%. Anche Napoli in calo: -0,9%
“La diffusione geografica dell’epidemia di Covid-19 si presenta eterogenea: è stata molto contenuta nelle Regioni del Sud e nelle Isole, mediamente più elevata in quelle del Centro rispetto al Mezzogiorno e molto elevata nelle regioni del Nord”, si legge nel rapporto. Inoltre, “nonostante il calo dei contagi dovuto alle misure di ‘distanziamento sociale’ intraprese dai primi giorni di marzo, le curve nazionali dei casi diagnosticati e dei decessi hanno iniziato a decrescere solo negli ultimi giorni di marzo”.