La preside dello Zen cavaliere del lavoro: la saggezza di Mattarella onora la democrazia
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La preside dello Zen cavaliere del lavoro: la saggezza di Mattarella onora la democrazia

Daniela Lo Verde ha trasformato la sua scuola in un presidio di legalità in un quartiere difficile di Palermo

Daniela Lo Verde
Daniela Lo Verde
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Onofrio Dispenza Modifica articolo

3 Giugno 2020 - 15.49


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Per rispondere alle oscenità e alle volgari e irriguardose cose urlate dall’interno dello scomposto corteo della destra prima e dei cosiddetti gilet arancione dopo, meno male che Sergio Mattarella c’è e che lo abbiamo a garanzia della Costituzione più bella del mondo. Meno male che quella mafia invocata da qualcuno dall’interno della piazza scomposta e irresponsabile non ha avuto modo di interrompere un percorso politico che ha portato Sergio Mattarella alla carica istituzionale più importante del Paese. Un percorso iniziato quell’uggioso 6 gennaio del 1980 quando il nostro Capo dello Stato si trovò a raccogliere il corpo senza vita del fratello Piersanti, crivellato dai colpi sparati da un killer che rispondeva a più ordini, a più mani. Ombre di mafia, neofascismo eversivo, di traditori della democrazia. Meno male che i buoni segni del cielo non hanno mai armato la laida Piovra anche contro il Presidente degli italiani.
Sintesi brevissima di una storia che ci dice chi è Sergio Mattarella, il presidente che nel giorno della Festa della Repubblica  di questo travaglatissimo 2020, dopo aver visitato Codogno e lo Spallanzani, a chiusura di una giornata densa di significati e iniziata, come ogni 2 giugno, al Milite Ignoto, ha scelto col cuore e con la mente uomini e donne della meglio Italia per insignirli del titolo di Cavaliere della Repubblica. Tutti rappresentativi di un Paese spesso non raccontato come meriterebbe.
Tra gli uomini e le donne, lei, Daniela Lo Verde. Globalist l’aveva incontrata di recente allo Zen2 di Palermo, nel pieno dela crisi segnata dalla pandemia. E lei ci aveva raccontato di come sia tanto più grave una pandemia quando attraversa un quartiere già ampiamente segnato da povertà, abbandono e degrado, humus straordinario e gratuito offerto alla mafia. Crescere allo Zen2 di Palermo, come a Scampia o al Corviale di Roma non è una piccola fatica. In questi luoghi la scuola è qualcoisa di più, è presidio di legalità, nido, timone e vela insieme. Daniela allo Zen2 di Palermo dirige una scuola che ha un nome programmatico, “Giovanni Falcone”. Pure il magistrato ucciso nella strage di Capaci da bambino nacque e visse i primi anni in un quartiere difficile. Falcone come Borsellino, stessi spazi per il gioco. Allora i quartieri difficili erano nel ventre della città, poi, per logiche che sappiamo, un numero infinito di famiglie, sdradicate e “deportate” ai margini: Zen1, Zen2, tanti altri quartieri dove la difesa della legalità è una scommessa che tanti uomini e donne ogni giorno si sentono di fare, spesso riuscendo a vincere contro un nemico infinitamente più forte.
La scelta di Mattarella è un segnale straordinario, un messaggio che sa cogliere la cifra di uno scontro che ben conosce. Partita lunga quella contro la mafia e i poteri che pascolano attorno alla mafia. Partita lunga, con battaglie perse, sanguinose, dolorose, e con battaglie vinte, che danno speranza.

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E il riconoscimento a Daniela Lo Verde, professoressa allo Zen2 di Palermo, e il riconoscimento al maresciallo Ettore Cannabona, di Altavilla, poco distante da Palermo, sono punti che crescono nel sofferto pallottoliere della democrazia.

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