Per rispondere alle oscenità e alle volgari e irriguardose cose urlate dall’interno dello scomposto corteo della destra prima e dei cosiddetti gilet arancione dopo, meno male che Sergio Mattarella c’è e che lo abbiamo a garanzia della Costituzione più bella del mondo. Meno male che quella mafia invocata da qualcuno dall’interno della piazza scomposta e irresponsabile non ha avuto modo di interrompere un percorso politico che ha portato Sergio Mattarella alla carica istituzionale più importante del Paese. Un percorso iniziato quell’uggioso 6 gennaio del 1980 quando il nostro Capo dello Stato si trovò a raccogliere il corpo senza vita del fratello Piersanti, crivellato dai colpi sparati da un killer che rispondeva a più ordini, a più mani. Ombre di mafia, neofascismo eversivo, di traditori della democrazia. Meno male che i buoni segni del cielo non hanno mai armato la laida Piovra anche contro il Presidente degli italiani.
Sintesi brevissima di una storia che ci dice chi è Sergio Mattarella, il presidente che nel giorno della Festa della Repubblica di questo travaglatissimo 2020, dopo aver visitato Codogno e lo Spallanzani, a chiusura di una giornata densa di significati e iniziata, come ogni 2 giugno, al Milite Ignoto, ha scelto col cuore e con la mente uomini e donne della meglio Italia per insignirli del titolo di Cavaliere della Repubblica. Tutti rappresentativi di un Paese spesso non raccontato come meriterebbe.
Tra gli uomini e le donne, lei, Daniela Lo Verde. Globalist l’aveva incontrata di recente allo Zen2 di Palermo, nel pieno dela crisi segnata dalla pandemia. E lei ci aveva raccontato di come sia tanto più grave una pandemia quando attraversa un quartiere già ampiamente segnato da povertà, abbandono e degrado, humus straordinario e gratuito offerto alla mafia. Crescere allo Zen2 di Palermo, come a Scampia o al Corviale di Roma non è una piccola fatica. In questi luoghi la scuola è qualcoisa di più, è presidio di legalità, nido, timone e vela insieme. Daniela allo Zen2 di Palermo dirige una scuola che ha un nome programmatico, “Giovanni Falcone”. Pure il magistrato ucciso nella strage di Capaci da bambino nacque e visse i primi anni in un quartiere difficile. Falcone come Borsellino, stessi spazi per il gioco. Allora i quartieri difficili erano nel ventre della città, poi, per logiche che sappiamo, un numero infinito di famiglie, sdradicate e “deportate” ai margini: Zen1, Zen2, tanti altri quartieri dove la difesa della legalità è una scommessa che tanti uomini e donne ogni giorno si sentono di fare, spesso riuscendo a vincere contro un nemico infinitamente più forte.
La scelta di Mattarella è un segnale straordinario, un messaggio che sa cogliere la cifra di uno scontro che ben conosce. Partita lunga quella contro la mafia e i poteri che pascolano attorno alla mafia. Partita lunga, con battaglie perse, sanguinose, dolorose, e con battaglie vinte, che danno speranza.
E il riconoscimento a Daniela Lo Verde, professoressa allo Zen2 di Palermo, e il riconoscimento al maresciallo Ettore Cannabona, di Altavilla, poco distante da Palermo, sono punti che crescono nel sofferto pallottoliere della democrazia.
Argomenti: sergio mattarella