Un seminterrato di cinquanta metri quadrati in via Nino Bixio, nella zona di Porta Venezia: cucinino/salotto, camera da letto, bagno. E un divano. Racconta tutto sul Corriere della Sera Andrea Galli: Il divano della violenza sessuale, degli ordini, delle minacce, delle botte a mano aperta sul volto, sulla schiena, sulle braccia, sulle ginocchia. Il divano sul quale e attorno al quale la Scientifica ha isolato evidenti tracce di sangue. Quaranta minuti nella serata di sabato. Alle 21 il proprietario dell’abitazione, il 54enne Paolo Massari, giornalista Mediaset ed ex assessore comunale è entrato nella casa (dove vive dopo la separazione) insieme a una 56enne che come lui ha frequentato il liceo Parini e oggi è imprenditrice nel settore delle palestre in franchising. Da ragazzi avevano avuto delle brevissime storie. Si erano persi di vista. È stata lei a rintracciarlo. Telefonate per chiedere aiuto nella difficile stagione della pandemia. Un uomo di conoscenze in più ambiti poteva essere utile per ripartire e affrontare la crisi del lavoro, provando a guardare all’orizzonte con minor angoscia. Massari aveva garantito una copertura giornalistica a favore della donna. Da lì, esplicitando un debito da saldare, l’aveva chiamata «basando le conversazioni su temi sessuali e sadomaso», proponendo incontri centrati unicamente su un unico argomento. La 56enne, che ha famiglia e abita ugualmente a Milano, aveva deciso di interrompere i contatti, intimorita. Massari s’era fatto vivo di nuovo, stavolta senza allusioni, per un invito a un aperitivo. Invito accettato. L’orario: le 20. Il luogo: il famoso bar Basso in viale Abruzzi.
Il Corriere ha incrociato fonti della Questura e della Procura, esaminato referti e verbali. Quella che segue è la ricostruzione stando alle carte e alla versione della donna, mentre il giornalista, agli agenti che l’hanno trasferito prima in Questura e nel carcere di San Vittore in piena notte, ha ripetuto che è stato un rapporto consenziente e che lei l’ha seguito volontariamente in via Nino Bixio, da dove alle 21.40 è scappata. Si trascinava. Nuda. Aveva approfittato di un margine ridotto di spazio alla base della saracinesca del box di Massari, adiacente il seminterrato. Due ragazzi l’hanno vista e ascoltata. Sono arrivate le pattuglie. Sullo sfondo, c’era Massari. In piedi. Rilassato davanti casa. La donna, angosciata, sotto choc, in lacrime, era così smarrita da nemmeno accennare movimenti per coprirsi le parti intime dinanzi a sconosciuti.
Torniamo al 2010. Sindaca Letizia Moratti, direttore generale del Comune l’attuale sindaco Beppe Sala. Massari è assessore all’Ambiente. Lo è fino a quando presenta le dimissioni, in seguito a una cena con personale del consolato norvegese. A quel tavolo, come riferì, una donna del corpo diplomatico fu molestata da Massari. Si confidò subito con il console il quale comunicò tutto alla Moratti. L’iter giudiziario ha alleggerito, e di molto, la posizione di Massari, che decise di lasciare l’incarico, certo, ma non senza pressioni dei vertici dell’amministrazione, colpita dallo scandalo. Massari ripeteva di non essere un maniaco e che quella vicenda gli ha rovinato l’esistenza (si è separato, moglie e due figli risiedono nello stesso condominio di via Nino Bixio). Agli amici ha ribadito d’esser stato bersaglio di una macchinazione. Chiusa l’esperienza politica, è tornato all’antico mestiere: il giornalista. E di fatto ha ricominciato a navigare sottotraccia. Forse. Nessuno esclude che ora, sapendo della destinazione di Massari, guardato a vista dalla polizia penitenziaria nella paura, non remota, di gesti estremi, altre donne che custodiscono segreti possano confidarli ai poliziotti. Antichi episodi rimasti nascosti.
L’idea investigativa è quella di un piano architettato, al netto, è doveroso ricordarlo, del comportamento che ha caratterizzato Massari nei lunghi momenti di sabato: calmo, sicuro che gli sviluppi gli daranno ragione. Non si sa ancora se, per caso, quanto riferito dalla vittima sia stato innescato (anche) da alcolici e altro. All’uscita dal bar, dopo essersi trovati d’accordo nel proseguire la serata a cena in un ristorante, Massari ha proposto di andare in scooter in via Nino Bixio, parcheggiare i motorini, depositare i caschi, prendere la macchina. L’imprenditrice sostiene di non aver fatto la minima allusione a un finale differente e d’esser stata poco convinta dell’idea di Massari, ma di aver comunque accettato. Una volta all’interno di quei cinquanta metri, il giornalista avrebbe mutato atteggiamento e toni. Aggressivo, insistente nell’alzare la voce, insistente nel sottolineare di non protestare e reagire garantendo conseguenze peggiori, e muovendo le mani. Mani a denudare, mani a frugare ovunque e provocare profonde lacerazioni come confermato dalla clinica Mangiagalli. Strattoni e schiaffi. Richieste ineludibili di obbedire, leccargli le ascelle, caricare la forza nelle sue manovre per soddisfare i desideri di Massari… E quelle parole: «Sei la mia schiava, adesso ti faccio male». Quando il giornalista ha deciso di prendersi una pausa, allontanandosi dal divano per accendersi una sigaretta, la donna è fuggita. Le risultanze della polizia e le convinzioni della Procura evidenziano lo scenario descritto dalla 56enne: «Appena entrata in quel luogo, io mi sono sentita in trappola».