Parafrasando Winston Churchill, gli italiani hanno preso l’abitudine di approcciarsi alla scienza come se fosse un campionato di calcio, oppure come se i vari virologi ed epidemiologi fossero dei santi cui affidarsi ed essere devoti.
È un vizio di forma tipicamente italiano, derivato dalla dilagante pigrizia intellettuale che infesta il Paese. L’italiano non vuole pensare, vuole che qualcuno lo faccia per lui. Vuole ‘il miracolo’, il bomber, il campione da idolatrare, il santo da venerare. Ma la scienza non funziona a squadre, né ha la pretesa – come la religione – di fornire risposte ‘certe’. Anzi, la certezza proprio non esiste in ambito scientifico: si formula una teoria, la si prova, la si conferma e poi si aspetta che accada qualcosa che la smonti. Questo è il metodo scientifico: tutto il contrario dei dogmi della religione, che non possono essere contestati. La scienza vive di contestazioni, progredisce grazie ad esse.
E quindi, come da qualche giorno capita anche qui su Globalist, non stupitevi delle dichiarazioni contrastanti dei virologi. Non meravigliatevi che Crisanti sostenga una tesi e Remuzzi un’altra ancora. Se un virologo dice che la mascherina non serve e un altro invece sostiene che andrebbe portata anche al chiuso, avete a che fare con ‘opinioni’. Opinioni di scienziati che hanno studiato, che sono perfettamente legittimati ad avere una loro idea. Anche se poi si rivelerà sbagliata. La scienza è stracolma di errori e poi, particolare da non dimenticare, questo virus è stato scoperto da appena 8 mesi. Troppo pochi per comprenderlo, per conoscerlo e per poterlo affrontare. Gli scienziati stanno studiando, stanno cercando le risposte a tutte le nostre domande. Ne vedremo ancora centinaia di teorie contrastanti, perché questo virus sarà presente nelle nostre vite ancora a lungo.
Certo, la confusione è tanta, ma per orientarsi bisognerebbe muoversi su terreni sicuri: tutti i virologi sono d’accordo nel dire che il pericolo non è ancora del tutto passato, che le regole di distanziamento vanno rispettate, che non possiamo rimuovere dalla nostra mente gli ultimi mesi per una irresponsabile, anche se comprensibile, voglia di libertà. Partiamo da qui, cercando di osservare la realtà per come è, non per come vorremmo che fosse.
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