Feltri non è più un giornalista ma restano ancora, giornalisti, tutti quelli che colpevolizzano una madre a cui l’ex marito ha ucciso i figli per punirla.
Tutti quelli per cui è più importante parlare del dolore di questi uomini che picchiano, ammazzano, stuprano. Tutti quelli per cui reazioni orride come queste sono dirette e quasi normali conseguenze di atti di autonomia della donna.
Essere lasciati sembra che nel nostro immaginario collettivo, soprattutto se si è uomini, sia una cosa terribile, disonorevole, atroce.
Quando lo capiamo che da questo vortice di dolore se ne esce non aumentando le pene carcerarie, perché molti si suicidano, (e cmq un omicidio contempla già una pena lunga di 30 anni, a volte anche l’ergastolo) ma insegnando il concetto di amore alle nuove generazioni.
Partendo da due assunti imprescindibili.
L’amore è amore anche se non è corrisposto. E l’amore non deve essere per forza per sempre.
Quante donne e creature innocenti devono essere ammazzate prima che le famiglie e la scuola inizino a comprendere che solo l’educazione e la cultura che passa attraverso il linguaggio potranno salvare le prossime generazioni?
Quante bare ancora? Quanti titoli sui giornali complici? Quanto inferno dobbiamo attraversare? Per quanto tempo?