Un cittadino del Bangladesh di 53 anni è risultato positivo al coronavirus ma è stato rintracciato solo dopo che non ha rispettato l’isolamento fiduciario, viaggiando in treno e in taxi per tutta Roma e la Romagna. È arrivato a Roma il 23 giugno ed è risultato positivo solo il 7 luglio.
Ora l’uomo si trova ricoverato all’Umberto I di Roma: subito sono scattate le procedure per ricostruire il suo itinerario ma l’impresa si rivela tutt’altro che facile e mette in forte dubbio l’efficacia della misura dell’autoisolamento: il suo rispetto è lasciato alla responsabilità individuale. E quindi è a rischio, esattamente come è successo nel caso del cittadino bengalese. Che, tra l’altro, non era asintomatico: aveva febbre e tosse, e proprio per questo gli agenti di Roma Termini lo hanno notato, avvicinato e hanno infine provveduto al ricovero.
L’uomo torna dal Bangladesh, partendo da Dacca, il 23 giugno, quando atterra a Fiumicino dove scattano per lui le misure restrittive precauzionali. Il bengalese risiede a Roma, ma va subito a Milano Marittima: lui garantisce di aver usato un taxi e questo significa che ha rischiato di contagiare “solo” l’autista, tra l’altro in un viaggio lungo e con un contatto ravvicinato. Assicura di essersi poi isolato, ma in realtà sono stati scoperti vari altri spostamenti. Da Rimini il 7 luglio l’uomo raggiunge Falconara (Ancona) e poi Termini viaggiando su treni regionali, dove le misure di distanziamento non sono rigorose come sui mezzi dell’Alta velocità. Impossibile tracciare tutte le persone che ha messo in pericolo.
C’è poi un rischio ulteriore: l’uomo avrebbe potuto essere malato già al momento dello sbarco a Fiumicino: le verifiche svolte su un aereo simile arrivato dal Bangladesh hanno rivelato che un passeggero su otto era positivo. L’inizio del contagio da parte sua potrebbe essere scattato dunque già in fase di atterraggio.
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